Si potrebbe provare a datare 1995 l’anno in cui la comunità astronomica internazionale prese piena consapevolezza che “più se ne sa, meno si comprende”. Allora, infatti, fu assemblata, unendo 342 esposizioni diverse prese con la fotocamera a grande campo del telescopio spaziale Hubble, l’immagine denominata Hubble Deep Field contenente 3.000 galassie, alcune delle quali tra le più giovani e le più distanti conosciute. Da allora sono seguite molte altre immagini sempre più dettagliate e dense d’informazioni.
Ma una cosa è acquisire dati, un’altra è comprenderli.
Gli investimenti in tecnologie per l’osservazione da terra e dallo spazio continuano a essere ingenti ma è necessario rendersi conto che a questi deve corrispondere un equivalente sforzo per sviluppare modelli interpretativi se non vogliamo che questa enorme mole di dati rimanga sterile.
“È necessario disporre di un interprete affidabile che traduca il segnale luminoso nel linguaggio della fisica – ci dice Paola Marigo responsabile scientifica del progetto – In particolare, è necessario usare modelli teorici capaci di decifrare correttamente la luce delle stelle in termini delle loro proprietà fisiche, dalla nascita fino alla fine dell’evoluzione.”
E’ questo l’obiettivo del progetto STARKEY quello cioè di fornire alla comunità astronomica una vasta gamma di modelli stellari accurati di ampia applicazione. Un obiettivo ambizioso ma che, a Padova, ha valso “il podio” all’Astrofisica insieme a due altri progetti su temi attualissimi e scottanti come la cura dell’HIV e lo studio delle sorgenti sismiche.
Il progetto ha, infatti, ottenuto un finanziamento dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) di 1.930.000 € da spendere in cinque anni in contratti di ricerca, missioni scientifiche, pubblicazioni e quant’altro necessario per raggiungere il risultato prefissato. Paola Marigo è ricercatrice presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia G. Galilei dell’Università degli Studi di Padova ma per “far funzionare la chiave stellare” si avvarrà anche della collaborazione di esperti ultra qualificati, sia stranieri (Australia, Stati Uniti, Svezia, Austria) che italiani in particolare Leo Girardi dell’INAF di Padova e Alessandro Bressan della SISSA-Trieste. Il gruppo di ricerca comprenderà anche quattro nuovi ricercatori, che saranno individuati attraverso una selezione pubblica su scala internazionale, e alcuni studenti di dottorato.
Per questa ricerca verrà utilizzato un approccio innovativo perché si indagherà su una particolare fase dell’evoluzione delle stelle (fase dei pulsi termici o TP-AGB); abbiamo chiesto il perché di questo a Leo Girardi: “Si è deciso ciò non solo perché si tratta di una fase evolutiva interessantissima — dove avviene un po’ di tutto, dalla produzione di nuovi elementi chimici alle forti perdite di massa o, ancora, alla formazione di polveri attorno alle stelle — ma soprattutto perché è una fase evolutiva ancora molto incerta e questa incertezza impatta fortemente sull’interpretazione della luce emessa dalle galassie. Dai modelli di queste stelle dipendono, per esempio, le stime della massa e della formazione stellare in galassie lontane. E’ importante cioè avere dei modelli robusti, basati sulla conoscenza delle stelle più vicine, per poter poi interpretare le osservazioni degli oggetti lontani che l’attuale tecnologia ci permette.”
E’ infine da sottolineare, ancora una volta, l’eccellenza scientifica non solo dell’Astrofisica italiana ma in generale del nostro Paese che quest’anno, come ci ha detto oggi alla conferenza stampa tenutasi presso il Rettorato del Bo’, Giuseppe Zaccaria – Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Padova – occupa il secondo posto, dopo la Germania, per il numero di progetti finanziati dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC). Padova in particolare con i suoi tre vincitori, l’astrofisica Paola Marigo, la biomedica Sara Richter e il geologo Giulio Di Toro, è al primo posto in Italia.
L’altra faccia della mediglia è che dei 46 italiani che hanno ottenuto i finanziamenti, solo 19 per progetti che hanno base in Italia. Un aspetto invece che potrebbe rivelarsi positivo è il megafinanziamento per il progetto BlackHoleCamera, 14 milioni di Euro, che prevede l’utilizzo della rete VLBI e quindi un possibile coinvolgimento dell’Istituto di Radioastronomia dell’INAF.