È il più giovane in campo, tutti gli occhi sono puntati su di lui. E da oggi pare sia pronto a lavorare in team. Parliamo del Sardinia Radio Telescope, la nuova promessa della radioastronomia mondiale. La sua dotazione tecnica è tale da far impallidire colleghi ben più blasonati. Ma quanto a esperienza è ancora un cucciolo. E non potrebbe essere altrimenti, essendo stato inaugurato appena qualche mese fa, nel settembre del 2013. Mesi nei quali ha già avuto occasione d’offrire un’ottima prova di sé, è vero, sempre però giocando per conto proprio, in quella modalità che i radioastronomi chiamano single-dish: un “piatto” unico. Il “piatto” in questione, nel suo caso, è la parabola da 64 metri di diametro a superficie attiva. Un signor piatto, non c’è che dire, che fa del gioiello sardo targato INAF il radiotelescopio più all’avanguardia oggi in Europa. Ma pur sempre unico, nel senso di singolo, solo.
Come se la caverà, SRT, nel gioco di squadra? La domanda non è peregrina. Nella radioastronomia, a volte, uno non basta. E se la modalità single-dish è perfetta per studiare sorgenti quali per esempio le pulsar, nelle osservazioni in cui è richiesta una risoluzione spinta all’estremo può essere necessario, a volte, lavorare con più antenne contemporaneamente. In particolare, esiste una modalità – detta VLBI (Very Long Baseline Interferometry) – nella quale, usando due o più radiotelescopi, si raggiunge una risoluzione paragonabile a quella che si otterrebbe con un’unica enorme antenna virtuale grande quanto la distanza fra le singole antenne. Fossero anche su diversi continenti, come in effetti avviene, o addirittura alcune sulla Terra e altre nello spazio. A patto, però, che tutti i radiotelescopi coinvolti “danzino” come una cosa sola. Perfettamente sincronizzati, al miliardesimo di secondo.
Un requisito per niente semplice da soddisfare, questo della perfetta coordinazione. Eppure SRT sembra avercela fatta. Nei giorni scorsi, tecnici e ricercatori dell’INAF gli hanno fatto compiere un’osservazione di prova in coppia con il radiotelescopio di Medicina, in provincia di Bologna. E il risultato, comparso sui monitor dei computer sotto le spoglie di un grafico con una curva particolare che i radioastronomi chiamano “frangia” (ma che nulla ha a che fare con i capelli), è stato lusinghiero. «La frangia ci dice che siamo sulla strada giusta», conferma il coordinatore dell’esperimento, Mauro Nanni, dell’INAF-IRA di Bologna, «che l’osservazione compiuta con i due radiotelescopi è sincronizzata. Un risultato importante, perché questa è la prima volta in cui SRT ha dimostrato di poter funzionare insieme alle altre antenne».
Le altre antenne, per lo meno a breve termine, sono quelle della rete VLBI europea, con le quali SRT si “allenerà” per la prima volta il 20 febbraio prossimo. Il test dei giorni scorsi serviva proprio a stabilire se il radiotelescopio sardo è maturo a sufficienza per scendere in campo con il resto della squadra. «Questo significa che ogni singolo componente ha funzionato alla perfezione. Non solo l’antenna, dunque, ma anche tutta una serie di apparati. Dispositivi che abbiamo prodotto in questi anni anche qui, nel nostro istituto, e in particolare a Noto, ma che sono entrati in funzione per la prima volta, sia in Sardegna che a Bologna, solo in quest’occasione. Dispositivi come il DBBC», elenca Nanni, «che digitalizza i dati, la cosiddetta “Fila 10”, che inserisce i marcatempo presi dagli orologi atomici, il registratore e infine il correlatore, al quale spetta il compito di mettere tutti i dati assieme». Appuntamento al 20 febbraio, dunque, per il battesimo di SRT agli europei della radioastronomia.
Per saperne di più:
- Leggi su Garr News l’articolo “Uno zoom sull’Universo con e-VLBI“, di Mauro Nanni
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