Teletrasportare l’energia senza limiti spaziali, virtualmente a distanza illimitata. Come? Attraverso una particolare teoria, basata sulla quantistica, che si serve di ‘luce spremuta’ (squeezed dall’inglese). La missione non è impossibile: questo teletrasporto è stata oggi teorizzato in un nuovo protocollo; lo studio è stato condotto da tre scienziati della Tohoku University nella città di Sendai in Giappone: si tratta di Masahiro Hotta, Jiro Matsumoto e Go Yusa. Intitolato Quantum energy teleportation withouth limit of distance, questo studio è pubblicato su Physical Review A ed è disponibile online su ArXiv.
Fino ad oggi, la fisica quantistica teorizza il teletrasporto di energia a distanza piuttosto limitata, cioè attraverso “operazioni locali”, come si legge nello studio. Questo avviene perché il valore massimo dell’energia è inversamente proporzionale alla distanza: in pratica, tanto più è alto questo valore e tanto più ristretta deve essere la distanza. Prendendo ad esempio due esperimenti, chiamati idealmente “Alice” e “Bob” e identificati da due particelle, tanto più ‘Alice’ è lontana da ‘Bob’ e tanto minore sarà questo estremo superiore dell’energia. Ma oggi, i tre ricercatori giapponesi, di cui Hotta è uno dei ‘padri’ del teletrasporto quantistico QET, hanno sviluppato un nuovo protocollo teorico per superare questo ostacolo, spingendosi virtualmente a distanze senza limiti. Il processo è piuttosto complesso, nell’ambito della fisica quantistica: semplificandolo molto, è un po’ come se i ricercatori avessero introdotto un collegamento che ‘abbatte le barriere’ tra i due esperimenti ‘Alice’ e ‘Bob’ (nella parte (b) dell’immagine), mediante ‘luce spremuta’, o meglio stati di vuoto ‘spremuti’. Tali stati fisici permettono di teletrasportare l’energia oltre le distanze usuali: come si può vedere nell’immagine, lo ‘stato-spremuto’, indicato dalla freccia, consente di avere distanze virtualmente senza limiti.
Ma che cos’è il ‘Teletrasporto quantistico’ (Quantum Energy Teleportation – QET)? In generale, tutti noi abbiamo sentito parlare di teletrasporto, ad esempio nei film o nelle serie fantascientifiche come Stargate e Star Trek, in cui una persona poteva letteralmente spostarsi da un luogo ad un altro in maniera istantanea: ma nulla di tutto ciò è reale e quando gli scienziati parlano di teletrasporto si riferiscono invece a particolari esperimenti quantistici, in cui particelle ‘entangled’ risultano collegate tra loro a qualsiasi distanza esse si trovino e un cambiamento su una coinvolge anche la sua partner in maniera particolare; tutto ciò avviene senza che però vi sia alcuna connessione e permette così di inviare informazioni criptate. L’ipotesi della QET, avanzata per la prima volta proprio da Hotta qualche anno fa, propone di teletrasportare l’energia sfruttando il fenomeno – apparentemente misterioso – dell’entanglement. Ed oggi la teoria si spinge a distanze senza limiti. La QET ha vari collegamenti nei campi della ricerca fondamentale, inclusa la fisica dei buchi neri e la fisica della materia che sfrutta l’entanglement quantistico.
In particolare, come si legge nello studio odierno, ci si aspetta che una teoria QET a lunga distanza possa aprire nuove porte per lo sviluppo di dispositivi quantistici. Ed essa è importante anche per la nanofisica (cioè la fisica alle dimensioni dei milionesimi di millimetro).