No, la vecchia contrapposizione USA-URSS non c’entra: questa volta è una guerra fredda in senso letterale. E il freddo è proprio l’obiettivo finale, a cui puntano gruppi internazionali di scienziati per raggiungere temperature mai toccate prima. In negativo.
Ci stanno provando i ricercatori del Cold Atom Lab della NASA, che ha recentemente annunciato di voler tentare la fortuna nello spazio: la quasi totale assenza di gravità della Stazione Spaziale Internazionale potrebbe essere il luogo giusto dove ricreare il freddo perfetto, per svolgere esperimenti di fisica quantistica per la prima volta in condizioni così estreme.
E poi ci stanno provando, stavolta qui sulla Terra, gli scienziati che lavorano allo statunitense Relativistic Heavy Ion Collider (RHIC). Lo ha annunciato ieri il Brookhaven National Laboratory (BNL), il laboratorio sull’isola di Long Island (appartenente allo stato di New York) su cui si trova RHIC. Che come l’europeo LHC è un acceleratore di particelle, ma con i suoi ioni che viaggiano a velocità relativistiche è l’unico collisore spin-polarizzato oggi esistente. Grazie a questa proprietà i fisici possono studiare la struttura di spin dei protoni (grandezza che contribuisce a definire lo stato quantico delle particelle) e fare ipotesi sulla forma primordiale della materia come doveva essere subito dopo il Big Bang.
Fino a oggi i record del collisore americano avevano in realtà a che fare col caldo: nel 2010 i fisici del BNL avevano annunciato di aver ottenuto una temperatura di oltre 4.000 miliardi di Kelvin in un esperimento di collisione con ioni d’oro. Adesso la prossima sfida è lavorare con le basse temperature: il protagonista sarà l’elio liquido, che nei magneti superconduttori di RHIC raggiungerà lo zero assoluto, corrispondente a -273,15 °C. Un numero che gli scienziati della NASA, per continuare il paragone, troverebbero a dir poco insufficiente: le temperature a cui punta il Cold Atom Lab nello spazio sono di circa dieci miliardi di volte più basse.
Ma i fisici della NASA nella Stazione Spaziale Internazionale non hanno un acceleratore di particelle. Che a Brookhaven permetterà invece di sfruttare il contrasto caldo-freddo: una volta raggiunta l’estrema temperatura sotto zero, l’esperimento farà partire fasci di ioni d’oro (gli stessi del recordi di calore) e li spingerà a collidere a velocità simili a quelle della luce. Queste collisioni faranno raggiungere temperature all’estremo opposto di quelle iniziali (250.000 volte più alte di quelle che troveremmo al centro del Sole, per capirci), producendo un plasma super liquido di quark e gluoni. Si tratta di quella che Niels Bohr chiamò zuppa di quark, una particolare fase della cromodinamica quantistica che dovrebbe esistere solo ad altissime temperature e/o densità. E che probabilmente è l’ingrediente di base della materia, così come doveva essere un istante dopo il Big Bang.
Quindi i due esperimenti “rivali”, quello nello spazio e quello nell’acceleratore di particelle, alla fine hanno un obiettivo comune: comprendere i mattoni che costituiscono l’Universo come lo vediamo oggi.