La stella più vecchia dell’Universo. A scoprirla un gruppo di astronomi australiani che avrebbe individuato una stella formatasi 13,6 miliardi di anni fa. Una scoperta che ha permesso, per la prima volta, di studiare la composizione chimica delle primissime stelle e che fornirà indicazioni utili a meglio comprendere l’evoluzione dell’universo.
Il team di ricercatori, diretto da Stefan Keller dell’Università Nazionale Australiana e comprendente il fisico Brian Schmidt, premio Nobel 2011, si è avvalso del telescopio ottico Sky Mapper a Siding Spring presso Coonabarabran, nell’entroterra di Sydney, per individuare la stella a 6000 anni luce di distanza.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Nature, offre conoscenze sulla formazione degli elementi pesanti la cui concrezione ha poi formato i pianeti rocciosi, almeno uno dei quali, il nostro, ha dato origine alla vita.
La stella fa parte della seconda generazione formatasi 100 milioni di anni dopo il Big Bang, che segnò la nascita del cosmo 13,7 miliardi di anni fa, ed è una fra i 60 milioni di stelle fotografate dall’enorme fotocamera digitale dello Sky Mapper.
“È molto difficile scoprire stelle così antiche”, osserva Raffaelle Schneider, dell’Osservatorio Astronomico di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), coordinatrice del progetto europeo First, il cui obiettivo è studiare stelle e galassie primitive. “ È una stella poverissima di ferro”, ha osservato, come le altre quattro stelle più antiche finora note. Il ferro che contiene è 30 volte inferiore alla milionesima parte di quello contenuto nel Sole. Il carbonio è invece molto più abbondante.
“Questa composizione – spiega la ricercatrice – fornisce un’indicazione importante sulle stelle della generazione precedente”, la prima comparsa dopo il Big Bang. “Le prime stelle erano molto massicce, centinaia di volte più grandi del Sole, e vivevano pochi milioni di anni: nascevano e morivano come fuochi artificiali”, aggiunge Schneider.
Morivano esplodendo come supernovae, rilasciando nello spazio i loro elementi. Parte di questa materia veniva risucchiata nei buchi neri che si formavano in seguito all’esplosione, e parte sopravviveva nelle stelle delle nuove generazioni, come quella appena osservata dai ricercatori australiani. All’inizio sembrava una stella ordinaria, ma l’analisi della sua luce ne ha rivelato l’eccezionale composizione chimica. Con sorpresa dei ricercatori, la stella non aveva livelli rilevabili di ferro, e questo ne ha rivelato l’età. La scoperta e’ stata poi confermata usando il telescopio Magellano in Cile, le cui osservazioni indicano che la stella e’ composta solo di idrogeno, elio, carbonio, magnesio e calcio. Questo indicherebbe che la stella si e’ formata dai detriti di una singola supernova e che ne conserva anche le impronte digitali.