Sulla carta le galassie ellittiche giganti sembrerebbero essere tra le meno interessanti dell’intero universo: si è sempre pensato che non accadesse molto da quelle parti, vista l’assenza di bracci a spirale e la mancanza di formazione stellare. Ma come in ogni romanzo giallo che si rispetti, anche nelle grandi e miti prime periferie dell’universo si possono nascondere misteri e piccoli delitti. Ed è un nuovo studio basato sui dati dell’Herschel Space Observatory dell’ESA a sollevare il velo sulle dinamiche ancora poco chiare che prendono vita all’interno di queste galassie.
Davanti a questi nuovi interrogativi i ricercatori hanno cercato di darsi una risposta. Queste galassie, sostengono, non sono poi il mortorio che credevamo: la responsabilità della mancata formazione di stelle sarebbe infatti da attribuire all’attività dei buchi neri all’interno delle galassie. “Nelle sei galassie ricche di gas freddo, i dati mostrano che il gas caldo si raffredda”, afferma Werner. Questo in accordo con le aspettative teoriche: una volta raffreddato, il gas a temperature altissime diventa il gas tiepido e freddo che si osserva a lunghezze d’onda più lunghe. Tuttavia, in queste galassie il gas freddo non riuscirebbe a fare il passo successivo, ovvero condensarsi e formare le stelle, proprio a causa dei jet dei buchi neri. In alcuni modelli teorici, infatti, il livello di attività di un buco nero potrebbe spiegare perché il gas in una galassia è in grado o meno di formare le stelle. I buchi neri farebbero insomma la parte di enormi bulli cosmici, impedendo la nascita di nuove stelle, e le rilevazioni di Werner e colleghi sembrerebbero calzare a pennello questi modelli teorici. “Queste galassie sono di colore rosso, ma con i buchi neri giganti che pompano nei loro cuori di sicuro non sono morte”, commenta Werner.
“Ancora una volta , Herschel ha rilevato qualcosa che non è mai stato visto prima”, commenta vittorioso Göran Pilbratt, uno dei responsabili dell’Herschel Project dell’ESA. Un’osservazione di questo tipo è in effetti una prima assoluta, ed è proprio grazie alla sensibilità degli strumenti di Herschel che i ricercatori sono riusciti a riconoscere le emissioni nel lontano infrarosso di ioni di carbonio e atomi di ossigeno, tracce inequivocabili della presenza di gas freddo.