Notte dopo notte, un occhio robotico scruta il cielo oltre la nostra galassia. E non gli sfugge nulla. È la lente di ultimissima generazione che brilla sul volto dell’Automated Planet Finder (APF), il telescopio che da gennaio è stato inaugurato nel californiano Osservatorio Lick.
Le sue abilità tecniche sono impressionanti, così come la sua precisione, caratteristiche che lo rendono uno degli strumenti più sensibili per l’osservazione del cielo oggi esistenti.
E il telescopio statunitense è un osservatore davvero instancabile: ogni giorno, al calar del sole, il sistema completamente automatizzato (lo dice anche il nome) dell’Automated Planet Finder controlla le condizioni atmosferiche, decide quale porzione di cielo osservare, e di stella in stella si muove per raccogliere misure in grado di svelare la presenza di nuovi pianeti.
Tale dedizione e scrupolosità è stata presto ripagata: ieri il gruppo di ricerca a capo di APF ha annunciato l’individuazione di due sistemi planetari mai osservati prima. Pianeti nuovi di zecca, insomma, tutti da studiare. Il primo sistema, HD 141399, è formato da quattro pianeti giganti gassosi, simili a quelli del nostro sistema solare (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) ma con un’orbita molto più vicina alla loro stella. L’altro sistema, GJ 687, ospita invece un unico pianeta solitario, con una massa simile a quella di Nettuno e orbitante attorno a una nana rossa.
Questa scoperta si unisce ai molti successi degli ultimi anni rispetto all’identificazione di nuovi pianeti, primi tra tutti quelli ipotizzati recentemente dal telescopio della NASA Kepler. Ma c’è una differenza: APF è il primo telescopio che si concentra esclusivamente sui nostri vicini di casa, puntando a scovare soltanto pianeti vicini.
“Sono questi i pianeti che avranno importanza per le generazioni future” ha commentato Steven Vogt, professore di astronomia e astrofisica all’Università della California e responsabile del progetto. È stato lui a progettare lo spettrografo Levy che si trova nel cuore del telescopio APF: un sistema completamente automatico in grado di registrare cambiamenti di velocità nel movimento delle stelle fino a un metro al secondo. La velocità di un uomo che cammina, più o meno.
“Il nostro staff ha lavorato duramente negli anni passati per vedere il nuovo telescopio in funzione” ha detto Sandra Faber, direttrice ad interim degli Osservatori dell’Università della California. “APF è la prova vivente che vecchi osservatori come Lick possono ancora produrre scienza all’avanguardia”.
Già, perché il “vecchio” Lick ha ben 125 anni, e dall’alto della cima del monte Hamilton, a 1283 metri di altezza, scruta il cielo da oltre un secolo. Ora, a giudicare dai primi risultati della sua ultima creatura, sarà a maggior ragione da tenere d’occhio.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo di Steven S. Vogt et al. “APF – The Lick Observatory Automated Planet Finder” su arXiv.