NUOVO FILTRO IDEATO AL MIT

A un passo dal controllo totale della luce

I ricercatori del MIT di Cambridge hanno creato un filtro che ci permette di fare, con la luce, una delle poche cose che ancora non sapevamo fare: filtrarla a seconda della direzione di propagazione. Lo studio su Science

     27/03/2014
shen1HRNel corso degli ultimi decenni abbiamo imparato a costruire materiali che sfruttano e modificano le proprietà della luce a nostro completo vantaggio. Quello che ne abbiamo ricavato è una gran quantità di nuova tecnologia, che da alta e costosa è arrivata spesso a essere di uso quotidiano: dalle lenti per le macchine fotografiche alle celle fotovoltaiche, dalle fibre ottiche fino ai primi prototipi di mantelli per l’invisibilità.Eppure c’è almeno un’ultima cosa che non sappiamo fare troppo bene con la luce: filtrarla a seconda della sua direzione di propagazione. A dirlo può sembrare strano, ma è così. La luce, vista come radiazione elettromagnetica, è un’onda piana caratterizzata da tre proprietà: polarizzazione, lunghezza d’onda e direzione di propagazione. A filtrare la luce a seconda della polarizzazione o della lunghezza d’onda ce la caviamo ormai egregiamente (filtri di questo tipo sono utilizzati un po’ ovunque, dagli occhiali da sole ai telescopi). Per quanto riguarda la selezione al variare dell’angolo di incidenza, invece, ci manca ancora qualche passaggio. E questo proprio perché le interazioni tra luce e materia avvengono secondo leggi che dipendono in primo luogo, il più delle volte, da polarizzazione e lunghezza d’onda prim’ancora che dalla direzione di propagazione, ed è quindi difficile ideare sistemi che prescindano da queste due proprietà.

Oggi un nuovo studio appena pubblicato su Science sembra averci avvicinato di molto a completare il quadro delle nostre capacità di governo sui raggi luminosi, arrivando a un passo da quello che i ricercatori definiscono il “controllo completo sulla luce”.

La nuova ricerca, a firma di Yichen Shen, Marin Soljaèiæ, e altri quattro colleghi del MIT di Cambridge, fa segnare un netto miglioramento rispetto agli studi fin qui condotti con lo stesso obiettivo, che riuscivano a filtrare la luce a seconda dell’angolo di incidenza ma avevano limitate applicazioni perché utilizzavano sistemi ancora sensibili alla frequenza del segnale luminoso, funzionando quindi per uno spettro molto ristretto di fasci di luce.

Come quelli precedentemente costituiti, anche il nuovo sistema ideato dai ricercatori del MIT permette il filtraggio della luce a seconda della direzione di propagazione, ma questa volta permette, in più, di lavorare con la luce proveniente da uno spettro molto più ampio di frequenza (e quindi di lunghezze d’onda, e quindi di colori).

Com’è stato costruito questo filtro? Non è il frutto dell’utilizzo di qualche nuovo esotico materiale ma semplicemente il risultato di una maniera ingegnosa di alternare materiali già noti. I ricercatori hanno infatti costruito una struttura costituita da una pila di strati ultrasottili di due diversi materiali alternati: per la ricerca sono stati utilizzati vetro e ossido di tantalio ma, specifica Soljaèiæ, quel che conta non sono i materiali in quanto tali ma l’effettiva differenza nei dei due indici di rifrazione. “Quando hai due materiali, in genere a livello della superficie di contatto si avranno alcune riflessioni della luce”, spiega. Lungo queste superfici, però, “c’è questo angolo magico chiamato angolo di Brewster, e quando la luce arriva proprio sotto quell’angolo lì, e con la giusta polarizzazione, non vi è alcuna riflessione”.

Insomma, generalmente quando la luce passa da un mezzo all’altro, parte dell’onda viene riflessa dall’interfaccia tra i due strati. All’angolo di Brewster, però, la luce con una particolare polarizzazione non può essere riflessa. Questo non basta per creare il filtro desiderato, ma i ricercatori hanno scoperto che reiterando questo processo per un numero sufficientemente grande di volte, e quindi costruendo un numero sufficiente di strati alternati di materiale (80 in tutto, e con il giusto spessore ben calibrato), si arrivava alla fine proprio allo spettro di trasmissione cercato.

“Siamo in grado di riflettere la luce alla maggior parte degli angoli in una banda molto ampia di colori: l’intera gamma di frequenze visibili”, spiega Shen. “Questo potrebbe portare a grandi applicazioni nel settore energetico, e soprattutto in quello solare termico”. Ma è facile immaginare anche applicazioni nei rivelatori per telescopi, per esempio, dove un filtro di questo tipo permetterebbe di studiare un segnare luminoso anche molto debole semplicemente puntando i rilevatori nella direzione desiderata.