Si chiama Commissioning. E’ la delicata fase che segue il risveglio della sonda europea Rosetta, in cui uno per uno, tutti gli strumenti riprendono vita, inviando a Terra la loro first-light ovvero i primi dati dopo oltre due anni di ibernazione. Il commissioning è una fase necessaria per verificare che tutto stia funzionando per il meglio, in cui i vari team scientifici europei coinvolti vivono febbrilmente l’attesa del momento, resa ancora più stressante dalle molte ore che i dati impiegano per essere trasmessi dalla sonda a terra e da un calendario molto serrato di accensioni e spegnimenti, programmato per dare tempo a tutti.
In questi momenti è il turno di GIADA, uno strumento italiano realizzato da un consorzio guidato dall’Università di Napoli “Parthenope” e da INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte in collaborazione con l’Istituto di Astrofisica di Andalucia, con il supporto scientifico di Istituti spagnoli, inglesi, francesi, tedeschi e americani e oggi controllato dal core team presso l’INAF-IAPS di Roma.
“Siamo in attesa dei dati di questa prima accensione.” dice Vincenzo Della Corte, Deputy-PI di GIADA dell’INAF-IAPS. “GIADA, ovvero il Grain Impact Analyser and Dust Accumulator, è uno strumento che misurerà numero, massa, quantità di moto e distribuzione di velocità dei grani di polvere emessi dal nucleo della cometa 67P/C-G. L’accensione di GIADA è avvenuta oggi alle 10.00 di mattina e il test è terminato alle 16.00 ora italiana. I dati inviati dalla sonda Rosetta verso Terra arriveranno non prima di mezzanotte di oggi e ci diranno lo stato di GIADA dopo 33 mesi di ibernazione. Lavoro su GIADA dal 1999, si tratta di un lavoro portato avanti da 38 membri di un team internazionale e finalmente siamo vicini al momento in cui gli sforzi profusi avranno un ritorno scientifico.”
Appena qualche giorno fa è stata la volta dei team di OSIRIS, la Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System, strumento sviluppato sotto la leadership del Tedesco Max-Planck-Institut con una forte partecipazione italiana. OSIRIS è lo strumento principale della missione Rosetta per la raccolta delle immagini ed è composto da due diversi canali: la NAC (Narrow Angle Camera), ottimizzata per ottenere mappe ad alta risoluzione del nucleo della cometa e la WAC (Wide Angle Camera), per ottenere panorami ad ampio campo del materiale gassoso e delle polveri nei dintorni del nucleo della cometa. Quest’ultima è di responsabilità italiana (Università di Padova) e verrà utilizzata per selezionare la zona in cui si dovrà posare il lander.
WAC e NAC sono le autrici delle due prime immagini della cometa dopo il risveglio della sonda, pubblicate da ESA oggi e realizzate il 20 e 21 di Marzo da una distanza dalla cometa di 5 milioni di chilometri. A questa distanza, ancora molto lontana, la cometa appare come un minuscolo puntino luminoso di cui è impossibile distinguere i dettagli: 67P/C-G copre appena un pixel e per essere visibile, ha richiesto la realizzazione di oltre 60 immagini da 300 secondi di esposizione. Nei prossimi mesi e grazie a una serie di manovre di rallentamento che la sonda dovrà compiere per mettersi in orbita intorno alla cometa -e che seguiremo su media INAF- quel piccolo puntino crescerà fino a coprire oltre 2000 pixels, l’equivalente di una risoluzione di appena 2m per pixel. Un minuscolo puntino luminoso che, in un futuro vicinissimo, promette grandi cose.
Nel video ESA in basso, una ricostruzione di quello che dovrebbe vedere al camera OSIRIS nei prossimi mesi, mentre la sonda Rosetta si avvicina al suo target.