L’inquinamento non è solo un problema con cui i terrestri devono avere a che fare. I ricercatori sanno molto bene che anche lo spazio è inquinato, ma non solo le orbite attorno alla Terra, piene di satelliti in disuso, razzi e vecchia ferraglia che costituisce un pericolo sempre più reale per gli astronauti e per future missioni. È noto, infatti, che le nane bianche, essenzialmente costituite da idrogeno o elio puro, sono contaminate da altri elementi, come il carbonio, il silicio e il ferro. Le nane bianche non sono altro che i resti di grandi stelle dense come il nostro Sole che sono rimaste senza “carburante” e sono collassate fino ad arrivare alle dimensioni della Terra. Ciò che per decenni è rimasto avvolto nel mistero per gli studiosi era l’origine di questi elementi “inquinanti”, noti in termini astronomici come metalli. Dopo anni di studi, però, un gruppo internazionale di esperti dell’Università di Leicester (Uk) e dell’Università dell’Arizona (Usa) ha trovato una soluzione. Lo studio è stato pubblicato su MNRAS (Monthly Notices of the Royal Astronomical Society).
“L’origine precisa dei metalli è rimasta per anni un mistero” come anche il perché delle “estreme differenze nella loro abbondanza tra diversi tipi di stelle stelle”, ha detto il professor Barstow, dell’Università di Leicester. Finora, infatti, si è sempre pensato che “questi materiali venissero sollevati a causa dell’intensa radiazione dagli strati più profondi della stella”, ha aggiunto Barstow. Nel nuovo studio si evince che molte delle stelle studiate, mostrano segni di contaminazione da materiale roccioso, probabilmente i resti di un qualche sistema planetario.
Gli studiosi del team internazionale hanno osservato ben 89 nane bianche usando il FUSE, Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer, ottenendo il loro spettro di luce: in quasi un terzo di esse hanno riscontrato chiare prove della presenza di carbonio, silicio, fosforo e zolfo. Una percentuale simile di stelle grandi come il nostro Sole, così come stelle che sono un po’ più massiccie come Vega e Fomalhaut, possono aver dato vita, quindi, a sistemi planetari rocciosi.
“Il mistero della composizione di queste stelle – hanno detto i ricercatori – è un problema che abbiamo cercato di risolvere da più di 20 anni. È emozionante rendersi conto che stanno letteralmente inghiottendo gli avanzi di sistemi planetari, forse come il nostro”. I ricercatori hanno evidenziato che “nelle stelle con atmosfere inquinate il rapporto tra silicio e carbonio corrisponde a quello studiato nelle rocce, livelli maggiori rispetto a quelli trovati in altri tipi di stelle e gas interstellare”.
Lo studio è un vero e proprio lavoro di archeologia stellare: “stiamo studiando le rovine dei pianeti rocciosi e dei loro elementi costitutivi, dopo la scomparsa della stella principale”, ha detto l’autore della ricerca. Cosa ci aspetta in futuro? Con questa ricerca gli esperti cercano di capire, infatti, quale sarà il destino della Terra e degli altri pianeti rocciosi quando la nostra stella, cioè il Sole, smetterà di brillare.