Il nostro Universo ha quasi 14 miliardi di anni e per secoli scienziati, astronomi e appassionati hanno cercato di studiare il momento esatto del Big Bang e come l’Universo si sia espanso sino ai giorni nostri. Di recente sono stati rilevati i primi segni della nascita dell’Universo: l’annuncio, basato sui dati dell’esperimento Bicep 2, è stato dato dall’università di Harvard. Oggi, invece, presso l’American Physical Society, è stata resa nota la scoperta di un gruppo di astronomi dell’Università di Portsmouth che è riuscito ad ottenere la migliore misurazione dell’Universo in espansione. Cosa hanno scoperto? Usando la Sloan Digital Sky Survey (SDSS) è stato rilevato che 10,8 miliardi di anni fa l’Universo si allargava (nelle tre dimensioni) dell’1% ogni 44 milioni di anni.
Matthew Pieri, ricercatore presso l’Istituto di Cosmologia e Gravità dell’Università di Porthsmouth e a capo della ricerca, ha utilizzato due diversi metodi di ricerca: i quasar e l’idrogeno intergalattico. Il gruppo di ricercatori ha osservato ben 140 mila quasar molto lontani da noi, regioni estremamente luminose al centro di galassie massicce nate quando l’Universo era solo un quarto della sua età attuale. I ricercatori hanno realizzato una mappa in 3D degli agglomerati di gas e, osservati a diverse distanze, è stato possibile notare che il gas blocca diverse sorgenti luminose colorate che provengono dai quasar. Il compito degli astronomi è stato quello di misurare con precisione a che velocità e quanto l’Universo si è espanso basandosi sulla quantità di luce che ha attraversato gli agglomerati di idrogeno.
A Media INAF il ricercatore ha detto che “l’obiettivo principale del nostro studio è misurare queste strutture su larga scala usando la distribuzione del gas. Come si procede? Il gas si può osservare solo guardando lo sfondo attraverso la luce dei quasar”. Pieri ha aggiunto che “poco più di un anno fa avevamo già provato con questi due metodi dimostrando che potevano funzionare. Adesso abbiamo già raccolto il doppio dei dati con una precisione del 2%: stiamo riuscendo a misurare con dettagli mai visti prima”. Il ricercatore ha poi specificato che “i quasar si trovano in ambienti molto densi e proprio per questo ci aiutano a studiare strutture che si trovano anche in zone a minore densità”.
I ricercatori hanno affermato che è come guardare agli anelli che compongono il tronco di un albero dai quali si può conoscere la sua età: “ogni spettro dei quasar è un archivio della storia del nostro Universo”. Quello che hanno rilevato gli esperti nelle ultime ricerche è particolarmente significativo: dopo aver, infatti, rallentato inizialmente, negli ultimi 5 miliardi di anni l’Universo ha cominciato ad espandersi molto più rapidamente a causa di quella misteriosa forza propulsiva a cui è stato dato il nome di energia oscura. Gli scienziati stanno studiando come e perché si sta espandendo ancora oggi, in modo da comprendere anche la natura dell’energia oscura. Gli esperti hanno affermato che le recenti rivelazioni sulle onde gravitazionali e sull’inflazione, e quindi la scoperta dei ricercatori di Harvard effettuata con l’esperimento Bicep 2, non ha molto a che fare con i loro dati. Pieri ha sottolineato che “il nostro interesse è saperne di più sull’energia oscura e il punto di partenza è il CMBR”. Mai come prima, infatti, i ricercatori hanno avuto dati così precisi sulla velocità di espansione dopo l’apparizione della prima luce del cosmo, la cosiddetta radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background radiation), cioè la radiazione elettromagnetica residua prodotta dal Big Bang che permea l’universo e che nasconde tutte le strutture originali osservabili oggi dalla Terra e dai telescopi in orbita.
Pieri e il suo collega Bob Nichol fanno parte della Baryon Oscillation Spectroscopic Survey (BOSS). Per Nichol “misurare l’espansione dell’Universo e conoscere la sua storia è la chiave per capire meglio l’energia oscura. Abbiamo misurato queste enormi strutture usando la distribuzione del gas e la posizione dei quasar”. Gli astronomi ritengono che sondare l’Universo quando era solo un quarto della sua età attuale ponga un tassello importante con cui confrontare misure di espansione più recenti. “La nostra ultima analisi comprenderà qualcosa come 20.000 quasar in più quando sarà terminata”, ha poi aggiunto Pieri. In futuro gli esperti si affideranno ad altre survey, come DESI e WEAVE, che misureranno e studieranno il gas intergalattico tra il 2018 e il 2019.