A 24 anni è nel pieno delle sue forze. Anzi, le sue prestazioni migliorano con l’età: stiamo parlando di uno dei protagonisti assoluti dell’esplorazione spaziale, il telescopio Hubble. Dal 1990 orbita attorno al nostro pianeta, scattando le più belle fotografie dell’Universo vicino e lontano.
Ma ora, alla soglia del ventiquattresimo anno di età (il compleanno sarà il 24 aprile), non è mai stato così potente. Lo hanno annunciato gli astronomi della NASA, che ieri hanno reso pubblico l’ultimo record della loro creatura: scrutare stelle lontane oltre 10.000 anni luce da noi.
Una nuova tecnica chiamata scansione spaziale permette infatti al già precisissimo Hubble di misurare oggetti 10 volte più lontani rispetto agli standard precedenti.
“Ci aspettiamo che questa nuova capacità aumenti la conoscenza sulla natura dell’energia oscura, una componente dello spazio ancora misteriosa” ha commentato il premio Nobel per la fisica Adam Riess, dello Space Telescope Science Institute () a Baltimora.
Grazie alla nuova tecnica, Hubble ha migliorato incredibilmente la sua precisione nelle misure angolari. Ma l’apoteosi è stato unire il vecchio e il nuovo: combinando la scansione spaziale con il metodo tradizionale per calcolare le distanze, la parallasse astronomica, il telescopio NASA/ESA ha moltiplicato il suo potere di osservazione.
La parallasse è una tecnica trigonometrica, fondata su un principio piuttosto semplice: il diametro dell’orbita terrestre è la base di un ideale triangolo, il cui vertice è costituito da una stella. La lunghezza dei lati del triangolo viene calcolata misurando l’ampiezza degli angoli (un dato ben più semplice da ottenere), e in questo modo è possibile calcolare la distanza della stella.
Questa tecnica funziona molto bene per stelle relativamente vicine, nell’ordine di un centinaio di anni luce da noi. Ma quando ci si allontana dalla Terra, le cose si complicano: le stelle lontane formano con il diametro dell’orbita terrestre angoli decisamente più piccoli, difficili da misurare con precisione.
Ed è qui che entra in gioco la scansione spaziale: il nuovo metodo si basa su una sorta di scala a pioli cosmica, utilizzata in particolare per misurare le distanze di una particolare classe di stelle luminose chiamate variabili Cefeidi. In questo approccio, il gradino più basso della scala è costruito in base alla brillantezza delle Cefeidi, in una serie complicata di calcoli che alla fine, insieme all’ultimo scalino, arriva alla misura della distanza di stelle molto più lontane.
Ma cosa c’entra tutto questo con l’energia oscura nominata da Riess? C’entra eccome: nel 2011 lo scienziato, che oggi partecipa allo sviluppo delle tecniche più avanzate di Hubble, ha vinto il Nobel per la fisica per la scoperta del tasso di espansione dell’Universo. Un fenomeno attribuito proprio a un’inspiegabile energia che attraverserebbe l’Universo: l’energia oscura, appunto.
Ora Riess e il suo gruppo di ricerca pensano che questa nuova tecnica di misura delle grandi distanze aiuterà a capire esattamente quanto l’Universo si sta espandendo. Con l’obiettivo finale di dare un volto a questa ineffabile e sfuggente energia oscura.