LA DISGREGAZIONE DI UNA STELLA

Quel lampo di luce dal Buco Nero

Come è noto i buchi neri di per sé non emettono luce, sono oggetti la cui attrazione gravitazionale è tale da non permettere neanche alla radiazione di fuggire, così da renderli invisibili ai nostri occhi. L'occasione migliore per scoprirli in galassie lontane è quando e se interagiscono con le stelle e il gas che li circondano. Un nuovo modello al computer per scoprirne i segnali

     15/04/2014
Questa rappresentazione artistica mostra i dintorni del buco nero supermassiccio al centro della galassia attiva NGC 3783 nella costellazione australe del Centauro. Nuove osservazioni con il VLTI (Interferometro del VLT) all'Osservatorio del Paranal dell'ESO in Cile hanno mostrato non solo il toroide di polvere calda intorno al buco nero, ma anche un vento di materia fredda nelle regioni polari. (Crediti: ESO/M. Kornmesser)

Questa rappresentazione artistica mostra i dintorni del buco nero supermassiccio al centro della galassia attiva NGC 3783 nella costellazione australe del Centauro. Nuove osservazioni con il VLTI (Interferometro del VLT) all’Osservatorio del Paranal dell’ESO in Cile hanno mostrato non solo il toroide di polvere calda intorno al buco nero, ma anche un vento di materia fredda nelle regioni polari.
(Crediti: ESO/M. Kornmesser)

Ci sono miliardi di galassie nel cosmo che ruotano su se stesse in quello che sembra un “sonnacchioso” procedere. Ma l’apparente tranquillità di questo incedere potrebbe essere paragonata a quella del predatore che attende immobile la sua preda. Uno scatto repentino e le fauci che si aprono smentiscono in un istante quella apparente tranquillità. Così ogni tanto un lampo di luce esplode dal centro della galassia. La preda in questo caso è una stella che orbita troppo vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nero supermassiccio centrale della galassia e per questo finisce lacerata dall’attrazione gravitazionale, riscaldando il suo gas e emettendo una luce come un faro che invia il suo segnale ai confini dell’universo.

Ma in questo cosmo fatto di miliardi di galassie come possiamo cogliere questo improvviso faro? Come possiamo distinguere quel segnale luminoso dai tanti che i turbolenti eventi che caratterizzano l’universo producono? Sono quesiti che hanno un obiettivo. Come è noto i buchi neri di per sé non emettono luce, sono oggetti la cui attrazione gravitazionale è tale da non permettere neanche alla luce di fuggire, così da renderli luminosi ai nostri occhi. L’occasione migliore per scoprirli in galassie lontane è quando e se interagiscono con le stelle e il gas che li circondano.

Ma negli ultimi decenni, grazie a migliori telescopi e tecniche di osservazione, gli scienziati hanno notato che alcune galassie, in precedenza apparentemente inattive, si accendevano improvvisamente al loro centro. “Questo bagliore di luce è stato trovato avere un comportamento caratteristico in funzione del tempo”, dice Tamara Bogdanovic , assistente professore di fisica presso il Georgia Institute of Technology. “Inizia molto luminoso e poi la sua luminosità diminuisce in un certo lasso di tempo che ne fa un elemento distintivo”.

Utilizzando un insieme di approcci teorici e computazionali, Bogdanovic cerca di prevedere i segnali che caratterizzano eventi come quello sopra descritto e comunemente chiamato della “tidal disruption” (pertubazione mareale). Segnali che se codificati potrebbero essere utili osservando tali eventi con telescopi da Terra. Per capire la sua utilità basti pensare che una galassia come la nostra Via Lattea registra fenomeni di disgrgazione stellare una volta ogni circa 10.000 anni. La luminosa scia di luce che ne deriva, d’altra parte, può svanire nel giro di pochi anni. Questa differenza evidenzia le difficoltà osservative di tali eventi.

Lo sviluppo tecnologico e il sempre maggior numero di telescopi che osservano diverse galassie, rende sempre più possibile osservare fenomeni simili e quindi accrescere le conoscenze sui buchi neri e il loro comportamento.

In un recente articolo inviato all’Astrophysical Journal, Bogdanovic, con Roseanne Cheng (Centro per l’astrofisica relativistica presso il Georgia Tech) e Pau Amaro – Seoane (Albert Einstein Institute di Potsdam), ipotizzano in un modello al computer, le perturbazioni mareali create da un buco nero supermassiccio in una stella gigante rossa ad esso vicina.

La pubblicazione è il frutto dello studio di un evento accaduto a 2,7 miliardi di anni luce e che ipotizzino abbia riguardato una gigante rossa chiamata PS1 – 10jh.

Per saperne di più:

  • l’articolo Disruption of a Red Giant Star by a Supermassive Black Hole and the Case of PS1-10jh di Tamara Bodganovic, Roseanne Cheng e Paul Amaro – Seoane