Una delle scoperte più interessanti degli ultimi anni è l’esistenza di alcune relazioni che legano la massa del buco nero supermassivo attivo posto al centro degli AGN (Active Galactic Nuclei) alle caratteristiche della radiazione emessa. Grazie a ricerche su questi temi è stato possibile per la prima volta ottenere una relazione che lega la luminosità intrinseca degli AGN ad alcune caratteristiche osservabili della sorgente, quali la variabilità del flusso in banda X e la larghezza di alcune righe di emissione (osservabili negli spettri emessi in banda ottica o infrarossa).
Questo è quanto emerge da studi condotti da Fabio La Franca, Stefano Bianchi, Gabriele Ponti, Enzo Branchini e Giorgio Matt dell’Università di Roma Tre in collaborazione con il Max Planck Institute fur Extraterrestrische Physik di Monaco di Baviera, gli istituti dell’INAF Osservatorio Astronomico di Roma e IASF di Bologna, ed in via di pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal Letters.
Fabio La Franca astrofisico del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre dice: “abbiamo costruito un indicatore di distanza, ovvero abbiamo individuato una nuova classe di oggetti, gli AGN, che in analogia e in alternativa alle Supernovae di Tipo Ia, può essere utilizzata per misurare distanze su scale cosmologiche e per ricostruire la storia di espansione dell’Universo, utilizzando la stessa metodologia che ha recentemente portato alla scoperta dell’espansione accelerata dell’Universo (scoperta per la quale e’ stato assegnato il premio Nobel nel 2011 a Perlmutter, Riess e Schmidt)”.
Se da una parte le Supernovae di Tipo Ia sono indicatori di distanza molto precisi, gli AGN hanno il vantaggio di essere più abbondanti e più luminosi. Infatti, come spiega Stefano Bianchi: “questo lavoro dimostra che, quando in un prossimo futuro, anche grazie al satellite in banda X Athena (che verra` costruito dall’ESA), avremo selezionato un campione sufficientemente abbondante di AGN, sara’ possibile spingere lo studio della storia dell’espansione del nostro Universo fino ad epoche più’ remote di quelle attualmente accessibili e vincolare in questo modo l’abbondanza e la natura delle componenti oscure del nostro Universo”.
Per saperne di più: http://arxiv.org/abs/1404.2607