È un po’ come a scuola durante la settimana di scienze: c’è chi presenta un sofisticato diorama, chi il plastico in scala realizzato con il babbo durante il fine settimana, e chi mette alla prova del fuoco il piccolo modellino che ha assemblato con ritagli di cartoncino, bottiglie vuote e abbondante colla vinilica. I ragazzi più creativi ricevono la coccarda colorata dall’insegnante di scienze e i compagni scapestrati si burlano di loro apostrofandoli come secchie, sgobboni, nerd.
È un po’ come a scuola durante la settimana di scienze appunto. Se non per il trascurabile (?) fatto che i partecipanti provengono da gruppi di ricerca esperti e motivati, sono scienziati e progettisti di livello con proposte di studio tecnologicamente fattibili (o almeno si spera), e infine no, non si vedono all’orizzonte né maestri né coccarde. Piuttosto c’è un’agenzia spaziale, quella statunitense, che vuole dare una bella spinta alla creatività nell’ambito dell’esplorazione spaziale e ha selezionato 12 progetti per effettuare un primo studio di fattibilità mettendo a disposizione un budget di 100.000 dollari a progetto. La cornice è quella del programma Innovative Advanced Concepts e chi supererà i primi nove mesi di test potrà competere per altri 500.000 dollari di finanziamento per vedere, domani, realizzato il proprio progettino di scienze.
Anche le buone idee possono aver bisogno di un paio di ritocchi perché tutto funzioni a meraviglia e bisogna pur fare una prova generale. Tanto più se si ha in mente di mettere in piedi una missione multi-milionaria diretta su un altro pianeta. Alla NASA la pensano così: per quanto possa essere bizzarra un’idea tanto vale tentare.
C’è il Titan Aerial Daughtercraft, per esempio. Un specie di drone che può rotolare a terra da un lander, andare a spasso per scattare qualche foto a destra e manca, e tornare alla base per ricaricarsi e trasmettere i dati. Un’idea che stuzzica la fantasia di una gita in elicottero su Marte o Encelado, la luna ghiacciata di Saturno.
Il Titan Submarine, di cui abbiamo già scritto su Media INAF, potrebbe essere la prima sonda a tuffarsi in una pozza liquida su un altro corpo celeste – Titano – anche se nello specifico il liquido non sarebbe acqua, bensì metano ed etano superfreddo che riempie il Mare Kraken, un lago lungo 1.170 chilometri.
Il Comet Hitchhiker, invece, è una sorta di arpionatore di comete. L’idea è quella di farlo saltare da un corpo all’altro alla maniera di Spiderman: la navicella arpiona un obiettivo e approfitta del gancio per effettuare un flyby dell’oggetto. Un gioco da ragazzi se messo a confronto con il Weightless Rendezvous And Net Grapple to Limit Excess Rotation (WRANGLER): un nanosatellite dotato di argano e rete da pesca a strascico per catturare e rimorchiare detriti spaziali e piccoli asteroidi.
C’è poi il Mars Ecopoiesis Test Bed, una macchina che intende testare quanto i batteri terrestri possano sopravvivere su Marte, tanto per iniziare a lavorare il suolo marziano in vista di futuri traslochi. Estremofili e cianobatteri hanno le carte giuste per farcela, ma il box da contaminazione interplanetaria è ancora tutto da pensare.
ChipSats è il tentativo di mettere insieme un orbiter e un lander nella stessa missione. Con Cassini-Huygens era stato fatto un primo tentativo ma qui si tratta di qualcosa di diverso: una serie di minuscoli sensori che vengono sganciati a pioggia da una nave madre per poi atterrare su un pianeta lontano o una luna.
Probing icy worlds concept: quant’è spesso il ghiaccio su Europa, Ganimede o Encelado? Ce lo potrebbe dire una sonda sganciata in loco e capace di elaborare il segnale generato dalle interazioni dei neutrini penetrati in profondità.
Produrre ossigeno in maniera più semplice su una navicella spaziale sfruttando la luce e le alte energie che abbondano nello spazio? Potrebbe riuscirci il 3D Photocatalytic Air Processor, nuovo design per la tecnologia che respira.
E infine PERIapsis Subsurface Cave OPtical Explorer (PERISCOPE): un modo per sondare le grotte lunari dall’orbita, utilizzando i segnali di rimbalzo dalle pareti dei canyon.
Cosa resterà fantascienza e cosa potrà diventare realtà lo sapremo fra nove mesi. La tecnologia del futuro è un parto complicato.