Le galassie nane che orbitano attorno alla Via Lattea e alla galassia Andromeda sembrano voler sfidare il modello standard che descrive la formazione e l’evoluzione delle galassie stesse e del cosmo. È quanto afferma il team di ricercatori guidato da David Merritt, professore di astrofisica al Rochester Institute of Technology, in un lavoro di prossima pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society , dal titolo “Co-orbiting satellite galaxy structures are still in conflict with the distribution of primordial dwarf galaxies“.
Secondo quanto accettato ormai da tutti gli studiosi, il 23% della massa dell’Universo è modellata da invisibili particelle note come materia oscura (dark matter), che è – come è facile intuire – un vero e proprio mistero per gli esperti e uno dei campi di studio più intriganti. “Il modello standard (lambda cold dark matter model, ndr) prevede che le galassie nane dovrebbero formarsi all’interno dell'”alone” della materia oscura, distribuirsi ampiamente e muovere in direzioni casuali”, fa notare Merritt. “Ma ciò che si osserva – aggiunge – è molto diverso. Le galassie nane che orbitano laVia Lattea e la vicina Andromeda, lo fanno seguendo la “linea” di un enorme disco e tutte nella stessa direzione. Come se i pianeti del sistema solare ruotassero tutti su un singolo piano e nella stessa direzione”.
Lo studio, condotto da Marcel Pawlowski del Case Western Reserve University, ha analizzato tre recenti lavori di diversi team internazionali, che confermano il modello standard, trovando però in essi, a detta loro, seri problemi di affidabilità, a partire dalle simulazioni cosmologiche riguardanti la formazione e l’evoluzione delle galassie nane orbitanti intorno a galassie più grandi. Il team, composto da 14 scienziati provenienti da 6 paesi in tutto il mondo, ha replicato le analisi degli studi precedenti utilizzando gli stessi dati e simulazioni cosmologiche trovando che esiste una sempre più bassa probabilità, circa un decimo di punto percentuale, che tali strutture possano essere viste nei pressi della Via Lattea e della galassia di Andromeda.
“O la scelta dei modelli delle galassie satelliti è diversa da quelle osservate, o è stato considerato un insieme incompleto di vincoli osservativi, o la distribuzione delle galassie satelliti osservate è incompatibile con gli assunti di base. Una volta che questi problemi sono stati affrontati, le conclusioni sono diverse: caratteristiche come le strutture planari osservate sono molto rare”, hanno spiegato gli studiosi. Il modello cosmologico standard è il quadro di riferimento per molte generazioni di scienziati, alcuni dei quali stanno cominciando a mettere in discussione la sua capacità di riprodurre fedelmente ciò che si osserva nell’Universo vicino.
Proprio secondo Merritt, che fa parte di questo piccolo gruppo, la sua ricerca “favorirebbe un modello alternativo secondo il quale le galassie satelliti si sarebbero originate da un’altra galassia che avrebbe interagito in un lontano passato con le galassie del Gruppo Locale”. Basandosi su questo modello, rispetto a quello standard, si riuscirebbe a “spiegare la forma discoidale che si può oggi notare nelle orbite delle galassie nane satelliti” della Via Lattea e di Andromeda.
A riprova della loro scoperta gli esperti ci portano ad esempio il caso della famosa Galassia girino (tadpole), una galassia intergalattica che, a causa del materiale strappato via a seguito della sua collisione con una galassia più piccola e compatta (in alto a sinistra nell’immagine sopra), rappresenta una prova delle interazioni avvenute in un lontano passato anche nel Gruppo Locale. Basti pensare alle giovani stelle blu, agli ammassi stellari e alle galassie nane nate dopo la collisione. Questi oggetti si muovono in una direzione comune all’interno di un piano definito dall’orientamento e dal movimento della coda della galassia, che genererà in futuro nuove galassie.
Per saperne di più:
Leggi qui l’abstract dell’articolo (in inglese) di David Merritt “Co-orbiting satellite galaxy structures are still in conflict with the distribution of primordial dwarf galaxies”, che verrà pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society
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