Vi lamentate se, uscendo di casa, una leggera brezza vi scombina i capelli? Pensate che non ci sia nulla di più potente e devastante dei venti di un tifone, come quelli registrati nel novembre scorso sull’Oceano Pacifico, che hanno superato i 440 chilometri all’ora? Nulla in confronto con quelli scoperti da un team internazionale di ricercatori, tra cui Massimo Cappi e Alessandra De Rosa dell’INAF, in prossimità di un buco nero supermassivo, che arrivano a toccare i cinquemila chilometri al secondo, ovvero diciotto milioni di chilometri l’ora. Tanto per avere un termine di paragone, questi sbuffi di gas iperveloci coprirebbero la distanza Terra-Luna in meno di un minuto e mezzo, mentre per proseguire fino al Sole impiegherebbero appena otto ore e mezza.
Questo potente flusso di gas fuoriesce ad alta velocità dalle regioni prossime al buco nero supermassivo nel cuore della galassia NGC 5548, che si trova in direzione della costellazione di Boote, a 240 milioni di anni luce da noi. La presenza del violento ‘soffio’, che si propaga a 18 milioni di chilometri orari, oscura gran parte della regione dove il buco nero emette la radiazione più energetica, arrivando a bloccare il 90 per cento dei raggi X prodotti e buona parte di quelli ultravioletti. Arriva così da questo studio, ottenuto utilizzando i telescopi spaziali di ESA e NASA XMM-Newton, Hubble Space Telescope, Swift, NuSTAR, Chandra, INTEGRAL, e telescopi da Terra, ovvero la migliore strumentazione oggi disponibile per questo tipo di indagini, una convincente conferma osservativa alle teorie che prevedono l’espulsione di potenti venti di gas e polveri ad alta velocità da parte delle zone centrali dei nuclei galattici attivi. Oltre ad essere di interesse per comprendere meglio i meccanismi di funzionamento dei buchi neri, questi processi potrebbero anche avere un ruolo determinante nella complessa interazione tra i buchi neri supermassivi e le galassie che li ospitano.
La materia che precipita in un buco nero si surriscalda a tal punto da emettere raggi X e radiazione ultravioletta. Quest’ultima può produrre getti di gas in uscita dalle zone interne del buco nero con velocità molto alte. “Tali ‘venti’ possono essere così intensi da spazzare via parte del gas circostante il buco nero, che altrimenti vi sarebbe precipitato” dice Cappi. “Affinché il vento si formi, il gas che viene espulso non deve essere troppo caldo, ed è quindi necessario che qualcosa lo protegga dai raggi X emessi dalle zone prossime al nucleo della galassia attiva. Queste osservazioni ci permettono di capire meglio come funzionano i buchi neri che non solo attraggono la materia che li circonda, ma ne accelerano ed espellono una parte, anche ad alte velocità”.
L’identificazione di questi venti è stata ottenuta nell’ambito di una articolata campagna osservativa tra il 2013 e il 2014 guidata da Jelle Kaastra, dello SRON, l’Istituto olandese per le ricerche spaziali. I dati raccolti, come quelli dai telescopi spaziali XMM-Newton ed Hubble, hanno messo in evidenza alcuni profondi cambiamenti nel nucleo attivo della galassia rispetto a quelli che gli stessi telescopi avevano raccolto nel 2011. I ricercatori hanno notato infatti che nella zona centrale della galassia sono ora presenti tracce di gas più freddo rispetto a quello che c’era in passato. Cosa ha prodotto questo cambiamento? Le indagini degli scienziati, ottenute combinando l’enorme mole di dati prodotta durante la campagna osservativa, non lasciano molti dubbi: un nuovo flusso di gas espulso dal disco di accrescimento ruotante intorno al buco nero, e posto tra noi e la zona di emissione dei raggi X. Nuovo, perché i ricercatori erano già al corrente da parecchi anni che NGC 5548 avesse un getto continuo di gas che fuoriesce dalla galassia alla considerevole velocità di 1.000 chilometri al secondo, ovvero circa 3,5 milioni di chilometri orari. Ora però il team di scienziati ha scoperto un flusso molto più denso e veloce del precedente. “Il nuovo vento raggiunge velocità di 5.000 chilometri al secondo, ovvero 18 milioni di chilometri orari, ed è molto più vicino al nucleo rispetto all’altro” dice Kaastra, primo autore dello studio pubblicato nell’ultimo numero della rivista Science. “Questo flusso di gas blocca il 90 per cento della radiazione X che proviene dalle regioni più interne del buco nero e oscura fino a un terzo della regione che emette radiazione ultravioletta, a pochi giorni-luce dal buco nero”. La schermatura che viene a crearsi raffredda così il flusso di gas più esterno, proprio come osservato dai ricercatori.
Nel team che ha condotto lo studio, oltre Massimo Cappi dell’INAF-IASF di Bologna e Alessandra De Rosa dell’INAF-IAPS di Roma, hanno partecipato Stefano Bianchi e Giorgio Matt dell’Università degli Studi Roma Tre.
Per saperne di più:
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- l’articolo A fast and long-lived outflow from the supermassive black hole in NGC 5548 di J. S. Kaastra et al. pubblicato su Science