Tutti hanno bisogno di punti saldi nella vita. Gli astronomi, poi, sono dei veri fanatici nel raffinare continuamente i loro sistemi di riferimento. L’ultimo esempio viene da un gruppo di ricerca, composto anche da ricercatori INAF, che ha stabilito una nuova scala di misura per comparare in maniera consistente i parametri spettrali delle stelle, una sorta di “righello” che rende molto più semplice classificare e confrontare i dati sulla struttura atmosferica e sulla composizione chimica degli astri. Dati come quelli che arriveranno presto a valanga dalla missione ESA Gaia, per costruire una mappa tridimensionale e dettagliatissima delle stelle nella nostra galassia (vedi qui su Media INAF). Una mappa di cui questo lavoro di ricerca, pubblicato recentemente sul Journal of Astronomy & Astrophysics, rappresenta un primo cruciale tassello.
Il gruppo, guidato da Paula Jofre della Università di Cambridge, ha inizialmente selezionato 34 stelle ben conosciute come riferimento (benchmark) per rappresentare i differenti tipi di popolazioni stellari presenti nella nostra galassia: calde, fredde, giganti rosse, nane. Ma anche stelle che, quando la loro luce viene “allargata” per evidenziare tutte le sue componenti, ovvero quando se ne ottiene lo spettro, mostrano delle differenti impronte chimiche. Questi schemi riconoscibili negli spettri, che gli astrofisici definiscono come metallicità, funzionano come degli “orologi cosmici”, in quanto possono fornire un’indicazione sull’età della stella.
Jofre e colleghi hanno creato una “biblioteca spettrale”, che combina i migliori dati sulla struttura atmosferica delle stelle di riferimento per determinare una scala uniforme di metallicità. Questo lavoro, assieme alle scale definitive già disponibili per le temperatura e la gravità superficiale delle stelle, completa il sistema di misurazione che verrà utilizzato per setacciare i dati di Gaia.
Molte delle stelle di riferimento utilizzate sono visibili anche a occhio nudo, e sono state studiate lungo quasi tutta la storia umana, a partire dalle prime registrazioni astronomiche degli antichi Babilonesi. “Abbiamo preso in considerazione stelle che erano state misurate ripetutamente. I parametri sono dunque ben noti, ma necessitavano di essere ricondotti alla stessa scala per stabilire il nuovo punto di riferimento. In sostanza, abbiamo usato le stelle che conosciamo di più per aiutare a misurare le stelle di cui non sappiamo nulla”, ha detto Jofre. La ricercatrice ha poi sottolineato che utilizzando un diverso insieme di stelle di riferimento si sarebbe probabilmente ottenuto un risultato diverso, come si desume da studi galattici precedenti, dove è stato utilizzato il Sole come standard insieme a poche altre stelle ben note. “Questo è il primo tentativo di coprire una vasta gamma di classificazioni stellari, rifacendo tutto da capo, metodicamente e omogeneamente”, ha sintetizzato Jofre.
Il progetto ha visto il contributo dell’INAF con gli Osservatori di Padova, Bologna e Arcetri (FI), dove tre gruppi di ricerca hanno derivato la metallicità delle stelle di riferimento con altrettanti diversi metodi, al fine di valutare ogni possibile fonte di incertezza. Del gruppo operante a Padova, guidato da Antonella Vallenari, hanno fatto parte Rosanna Sordo e Tristan Cantat-Gaudin; a Bologna, Elena Pancino, Carmela Lardo e l’associato INAF Alessio Mucciarelli, del Dipartimento di Fisica & Astronomia della locale Università; a Firenze, Laura Magrini.
“Questo è il primo passo per stabilire un sistema di riferimento universale da utilizzare non solo per la missione Gaia, ma in tutti i progetti che si propongono di definire con grande precisione le proprietà delle stelle, nella nostra galassia ma anche in quelle più distanti”, ha detto Antonella Vallenari, che è anche vice coordinatrice del DPACE, il consorzio europeo che si occupa della analisi dei dati di Gaia. Vallenari ricorda come l’Osservatorio di Padova sia stato attivamente coinvolto nella missione Gaia fin dall’inizio e abbia contribuito alla definizione degli obiettivi della missione, determinando le caratteristiche degli strumenti a bordo della sonda.
Peraltro, l’attività di calibrazione delle stelle di confronto è parte integrante del lavoro che i gruppi INAF di Padova e Bologna svolgono all’interno della Gaia ESO Survey, il progetto “fratello minore” di Gaia che sta osservando spettri stellari ad alta risoluzione con i potenti telescopi terrestri del Very Large Telescope dell’ESO in Cile. Un progetto per cui gli astronomi stanno già utilizzando la nuova scala di riferimento stellare, prima di poterla utilizzare per le necessità ambiziose di Gaia.
“Gaia raccoglierà in un catalogo i parametri di tutti gli oggetti osservati: stelle, supernove, pianeti, asteroidi e anche galassie. Si tratta di una enorme quantità di dati che costituiranno le solide basi sulle quali poggiare la nostra comprensione della Via Lattea e dell’Universo locale”, ha concluso Vallenari.
Per saperne di più:
- L’anteprima dell’articolo “Gaia FGK Benchmark Stars – Metallicity” di Paula Jofre, U. Heiter, C. Soubiran, S. Blanco-Cuaresma, C. C. Worley, E. Pancino, M. Bergemann, T. Cantat-Gaudin, J. I. Gonzalez-Hernandez, V. Hill, C. Lardo, P. de Laverny, K. Lind, L. Magrini, T. Masseron, D. Montes, A. Mucciarelli, T. Nordlander, A. Recio-Blanco, J. Sobeck, R. Sordo, S. G. Sousa, H. Tabernero, A. Vallenari, S. Van Eck