Strano a dirsi, ma uno dei misteri irrisolti del Sole riguarda le piogge, in particolare le piogge coronali. Si tratta di enormi rovesci occasionali, costituiti da plasma incandescente che precipita a 200.000 km/h dalla corona – la parte più esterna dell’atmosfera solare – verso la superficie della stella. Uno scroscio dirompente costituito da migliaia di “gocce”, ciascuna grande quanto l’Irlanda. Il paragone geografico non è casuale perché proprio dall’Irlanda arriva uno studio che cerca di mettere insieme i pezzi di questo particolare fenomeno e di darne una spiegazione complessiva. Lo studio è stato condotto da Eamon Scullion del Trinity College Dublin, e presentato in questi giorni al National Astronomy Meeting organizzato a Portsmouth dalla Royal Astronomical Society britannica.
Scoperte quasi quarant’anni fa, le piogge coronali sono state indagate dai fisici solari negli ultimi anni in grande dettaglio grazie a strumenti avanzati, come il satellite della NASA Solar Dynamics Observatory (SDO), o lo Swedish 1-m Solar Telescope (SST) sull’isola di La Palma, alle Canarie. Ne è emerso che il processo attraverso cui si genera questa pioggia calda sul Sole è sorprendentemente simile al formarsi delle precipitazioni terrestri. Se le condizioni nell’atmosfera solare sono giuste, allora nuvole di plasma denso e caldo possono raffreddarsi, condensarsi e infine ricadere sulla superficie come “goccioloni” di pioggia. Ma come si formano le nubi? Attraverso un processo di evaporazione, come nell’analogo terrestre. In questo caso l’evaporazione è causata dalle più potenti esplosioni rintracciabili nel Sistema Solare, i cosiddetti flare, o brillamenti.
“L’energia rilasciata anche dal più debole brillamento è fenomenale”, ha spiegato Scullion. “Una parte del plasma sparato fuori da queste esplosioni finisce nello spazio, in quelle che vengono chiamate le espulsioni di massa coronale, mentre un’altra parte ricade sulla superficie, riscaldandola e provocandone l’evaporazione, proprio come l’acqua evapora dagli oceani sulla Terra. Infine si condensa nuovamente in ‘gocce’ una volta che diviene denso a sufficienza”. Il materiale solare coinvolto in questa evaporazione e condensazione si dispone lungo degli anelli di campo magnetico, disegnando come delle arcate.
Scullion e colleghi hanno potuto osservare nel giugno 2012 con il telescopio SST un violentissimo nubifragio solare, una vera e propria cascata di materiale solare che dalla corona si riversava furiosamente dentro una macchia solare sulla superficie del Sole. I ricercatori hanno potuto verificare che le arcate di plasma sono percorse da piogge più fredde, attorno ai 7.000 gradi, e piogge più calde, fino a 80.000 gradi Celsius, avviluppate in un cosiddetto raffreddamento catastrofico. “Lungo queste arcate abbiamo piogge calde e fredde che interagiscono fra di loro”, ha spiegato ancora Scullion. “Grazie a SDO siamo riusciti a ricavare il tasso di condensazione, trovando che questo processo è moto più rapido di quanto pensassimo. Quello che succede è un ‘raffreddamento catastrofico’, un processo fisico che genera le dense piogge fredde che vediamo cadere sulla superficie solare”.
Le piogge torrenziali scatenate dai brillamenti possono giocare un ruolo fondamentale nel controllare la circolazione della massa atmosferica solare, agendo come una sorta di termostato su vasta scala per regolare le fluttuazioni di temperatura nella corona. “Possiamo immaginare l’atmosfera esterna del Sole come un gigantesco bollitore e la pioggia coronale come un meccanismo per evitare che diventi troppo caldo. Una specie di termostato per la corona”, ha concluso Scullion.
Video costruito con una serie di osservazioni in alta risoluzione prese al Swedish 1-m Solar Telescope (SST) in un periodo di 1 ora e 10 minuti. Circa a metà del filmato s’intravede, in alto a sinistra, parte di un brillamento di classe C, seguito da un flusso scuro irregolare, la pioggia coronale, che precipita sul Sole (verso: da basso-destra a sinistra-alto). Crediti: E. Scullion / SST