Quanto conosciamo davvero del nostro Universo? La risposta lascia senza parole: solo il 5% del cosmo è stato studiato finora, ciò vuole dire che il restante 95% è ancora da scoprire. Questa larghissima fetta di Universo ancora sconosciuto è costituita da materia ed energia oscura. Di recente la caccia alla materia oscura (che si ritiene costituisca l’85% della massa dell’Universo) ha fatto un altro passo in avanti grazie a nuove simulazioni realizzate da supercomputer che hanno mostrato l’evoluzione del nostro “Universo locale” dal Big Bang ai giorni nostri. Un gruppo di fisici della Durham University (Regno Unito) ha affermato che queste simulazioni potrebbero migliorare la comprensione della misteriosa materia oscura.
Carlos Frenk, direttore dell’Istituto di cosmologia computazionale e primo autore dello studio, dice: “Dietro questa ricerca ho perso ore e ore di sonno per 30 anni. La materia oscura è la chiave di tutto ciò che sappiamo delle galassie, ma non ne conosciamo la natura esatta”. Quello che porterà alla soluzione del mistero è approfondire la conoscenza delle galassie e della loro formazione. Gli scienziati ritengono che ammassi di materia oscura (o aloni) hanno intrappolato dall’inizio dei tempi il caldo gas intergalattico diventando così il luogo perfetto per la nascita delle galassie, ma molti non sono mai riusciti a passare alla fase successiva a causa delle forti radiazioni. Ovviamente parliamo di miliardi e miliardi di anni fa: basti pensare che la galassia più antica oggi conosciuta (z8_GND_5296) è nata quando l’universo aveva solo 700 milioni di anni, ossia il 5% della sua età attuale che è di 13.8 miliardi di anni. La teoria cosmologica prevede che il nostro vicinato cosmico dovrebbe essere pieno di milioni di piccoli aloni, ma in realtà sono solo poche decine le piccole galassie osservate attorno alla Via Lattea. Quindi c’è qualcosa là fuori che gioca a nascondino nel buio cosmico.
Frenk ha aggiunto: “Sappiamo che non ci può essere una galassia in ogni alone, ma la domanda è: ‘Perché no?'”. Il team di ricerca crede di aver trovato la risposta all’arcano: con le nuove simulazioni EAGLE è stato mostrato come e perché milioni di aloni attorno alla nostra galassia e alla vicina Andromeda non hanno mai prodotto alcuna galassia diventando, in effetti, “ambienti sterili”. Come si suol dire, non tutto è perduto perché, in realtà, da alcuni aloni sono riusciti a mantenere all’interno il gas dal quale poi sono nate delle galassie.
I risultati dello studio sono stati presentati all’Astronomical Society’s National Astronomy Meeting di Portsmouth. “Grazie alle nuove simulazioni sappiamo che se le nostre teorie dovessero essere corrette allora l’Universo sarebbe pieno di aloni sterili e incapaci di dar vita a nuove galassie”. La ricerca è stata la prima a simulare l’evoluzione del nostro Gruppo locale di galassie, di cui fanno parte la Via Lattea, Andromeda e molte altre più piccole e isolate. Till Sawala dice: “Quello che abbiamo visto è un autogol cosmico. Sapevamo già che la prima generazione di stelle aveva emesso radiazioni talmente intense da riscaldare il gas intergalattico a temperature più calde rispetto alla superficie del Sole. Dopo di che, il gas era diventato tanto caldo da impedire un’ulteriore formazione stellare lasciando molti aloni con scarse possibilità di formare galassie”. Il ricercatore aggiuge poi che “siamo stati in grado di dimostrare che il riscaldamento cosmico non era semplicemente una lotteria con un paio di fortunati vincitori. Invece, si trattava di un processo di selezione rigoroso e solo gli aloni che sono cresciuti abbastanza velocemente sono risultati idonei per la formazione stellare di seconda generazione”.
Lo sguardo ravvicinato sul Gruppo Locale che hanno creato con le simulazioni i ricercatori è parte del progetto EAGLE, uno dei primi tentativi di simulare, dai primi momenti, la nascita delle galassie. Scrutando l’Universo virtuale, gli esperti della Durham University hanno trovato galassie che sembrano straordinariamente simili alla nostra, circondate da innumerevoli aloni di materia oscura, solo una piccola parte delle quali contengono galassie. Queste simulazioni sono state rese possibili grazie all’utilizzo della “Cosmology Machine”, che è parte delle strumentazioni della DiRAC: si tratta di un supercomputer che ha 5000 volte la potenza di un pc casalingo e oltre 10mila volte più memoria.