Sembra quasi di poterla toccare la Chioccetta che il Pascoli, ne Il gelsomino notturno, immagina zampettare nel cielo notturno seguita da un pigolio di stelle. E dev’essere sembrato vicino per davvero al satellite europeo Hipparcos l’ammasso delle Pleiadi, se dai suoi dati risulta distante appena, si fa per dire, 390 anni luce dal nostro pianeta. Un dato preoccupante per chi, in astronomia, era abituato a figurarselo almeno 40 anni luce più lontano.
L’ammasso delle Pleiadi è composto da stelle giovani e calde, molto luminose, formatesi circa 100 milioni di anni fa. Un piccolo laboratorio cosmico per comprendere come possano formarsi simili strutture. E un punto di riferimento per chi si è servito delle Sette sorelle come parametro di riferimento per stimare la distanza di altri ammassi stellari, più lontani.
Per verificare la misura di Hipparcos è sceso in campo un gruppo di ricerca guidato da Carl Melis, dell’Università della California, San Diego. Melis e colleghi si sono serviti di una rete mondiale di radiotelescopi per rendere la nuova misurazione più accurata possibile. Un parco mezzi impressionate: Dal Very Long Baseline Array (VLBA), il sistema di dieci radiotelescopi che si estende dalle Hawaii alle Isole Vergini, al Robert C. Byrd Green Bank Telescope in West Virginia, dal William E. Gordon Telescope dell’Osservatorio di Arecibo a Puerto Rico all’Effelsberg Radio Telescope in Germania.
Per saperne di più abbiamo raggiunto al telefono Mario Lattanzi dell’INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino e responsabile del gruppo di coordinamento italiano di Gaia, il satellite dell’ESA lanciato alla fine dello scorso anno (che dovrà mappare circa 1,5 miliardi di oggetti nella Galassia), e cui toccherà in qualche modo dare una risposta definitiva alla questione aperta sulla distanza delle Pleiadi.
“La rete di radiotelescopi da Terra messa in piedi dal team statunitense fornisce una misura diretta della distanza dell’ammasso, determinata attraverso la misura della parallasse trigonometrica, proprio come per le misure di Hipparcos”, spiega Lattanzi. “La differenza sta nella qualità del dato. La precisione relativa della rete di radiotelescopi statunitensi si aggira attorno all’1%. Decisamente meglio del dato di Hipparcos. Tanto meglio che la differenza fra i due rilevamenti, quello dei radiotelescopi e quello del satellite, non può essere spiegata in termini di margine di errore”.
Ed ecco la discrepanza diventa problema, controversia scientifica.
Secondo il gruppo di Melis le Pleiadi si trovano a 443 anni luce di distanza. Si tratta della misura più accurata e precisa mai fatta prima d’ora. Il che è un sollievo, perché saremmo abbastanza vicini ai dati precedenti a Hipparcos, su cui si basano una serie di modelli standard di formazione stellare. Cos’è successo però al satellite? In oltre quattro anni di lavoro ha raccolto dati per 118.000 stelle, e le cause di errore sulla misurazione delle Pleiadi resta sconosciuta.
Ecco allora che il satellite Gaia, lanciato il 19 dicembre dello scorso anno e appena entrato in fase operativa dopo alcuni mesi di messa a punto tecnica, è destinato a diventare il ‘giudice’ di questa controversia astronomica.
“Ci aspettiamo che la misura della parallasse a fine missione sarà migliore di un quarto di mas ovvero 25 micro-secondi-d’arco per le stelle più brillanti della quindicesima magnitudine (ndr: come Hipparcos anche Gaia lavora nella parte visibile dello spettro), che è il caso delle stelle misurate (nel radio) dall’esperimento che ha interessato VLBI”, spiega Lattanzi. “Questa precisione di Gaia promette un errore relativo sulla distanza delle Pleiadi di meno dello 0.3%, quindi almeno tre volte meglio del dato VLBI”.