Non è una stella, ma la star indiscussa dell’estate astronomica è senza alcun dubbio lei: la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko. A renderla celebre, gli scatti a distanza ravvicinata della sonda Rosetta dell’Agenzia spaziale europea, la cui orbita si sta stringendo sempre più, in attesa di scodellare il lander Philae direttamente sul suolo della cometa. Ma quello di Rosetta non è l’unico sguardo su 67P: la “scamorza” di roccia e ghiaccio, soprannominata “papera di gomma” per la sua sorprendente conformazione a due lobi, è anche nel mirino di molti telescopi terrestri, per quanto l’immensa distanza alla quale si trova ne renda assai ardua la cattura. C’è però riuscito, da Paranal, l’occhio straordinario del Very Large Telescope dello European Southern Observatory. E la fotografia scattata l’11 agosto scorso grazie allo specchio da otto metri di uno dei suoi quattro telescopi – fotografia che possiamo ammirare qui sotto – è stata scelta dall’ESO stesso come immagine della settimana.
In realtà, si tratta di un’immagine sintetica, ottenuta elaborando una sequenza di 40 esposizioni da circa 50 secondi ciascuna. Stratagemma che si è reso necessario per fare emergere la cometa dalla Via Lattea alle sue spalle e dal suo fondo denso di stelle. Stelle la cui luce, grazie alle esposizioni multiple, gli astronomi sono riusciti a sottrarre, lasciandoci una vista rara di 67P e della sua coda in formazione.
Già, rara: perché se è vero che Rosetta continua a inviarci incessantemente scatti straordinari a distanza ravvicinata, la sonda ESA è oramai talmente vicina da non riuscire più a cogliere la cometa nella sua interezza. Ecco dunque che è necessario fare un passo indietro. Un passo lungo oltre mezzo miliardo di km, perché tale è la distanza che separa Rosetta – e la cometa – da noi. Per farsi un’idea del rapporto di maggiore o minore vicinanza al soggetto immortalato che c’è fra le fotografie di Rosetta, che si trova oggi a meno di 50 km dalla superficie della cometa, e questa scattata VLT, basti pensare che equivale più o meno a quello fra una foto scattata da un satellite tipo quelli usati da Google Earth e una realizzata con un obiettivo macro da 10 cm di distanza.
Due prospettive radicalmente diverse, dunque, e in un certo senso complementari. Se le immagini di Rosetta ci restituiscono dettagli inimmaginabili, quasi perturbanti per la loro straordinarietà, è in questo difficile scatto del VLT che possiamo tornare a riconoscere in 67P una cometa. Con la sua chioma polverosa – segno di attività – che si estende per almeno 19mila km dal nucleo, e che si sta sempre più allungando, a formare quella che ci apparirà come una coda, mano a mano che la distanza dal Sole diminuisce.
Ma ancor più di quel che si vede, a emozionare, in questa fotografia del VLT, è quello che vedere non si può: perché è lì, in una porzione infinitesimale del pixel proprio al centro della chioma, che si trova ora Rosetta. Così lontana che possiamo ormai solo immaginarla. Così vicina da apprestarsi – prima volta nella storia dell’umanità – a toccare il suolo della cometa. E in quell’indistinguibile scampolo di pixel, a ben guardarci, c’è un po’ di tutti noi.