Avviso a tutti i cacciatori di pianeti extrasolari potenzialmente abitabili: cercate quelli “tipo Terra”, ma state lontani da quelli “tipo Venere”, rischiereste solo di cercare invano, trovando mondi rocciosi ma, pur dotati di atmosfera, davvero impossibili per ospitare la vita, almeno come noi la conosciamo.
Cosa dedurremmo infatti se con la tecnologia oggi a nostra disposizione, ci trovassimo ipoteticamente a indagare da alcune decine di anni luce di distanza il nostro Sistema solare? Che ci sono due pianeti (la Terra e Venere) che sono di tipo roccioso, hanno una massa comparabile, possiedono un’atmosfera strutturata e potenzialmente hanno un’alta probabilità di ospitare la vita. In realtà noi sappiamo che Venere, pur avendo importanti somiglianze con la Terra, non possiede certo un clima ameno. Temperature sulla superficie intorno ai 450 gradi centigradi, un’atmosfera di anidride carbonica, una pressione 90 volte maggiore di quella terrestre e nuvole di acido solforico confermano che di vita lì, non c’è neanche l’ombra.
Ecco allora che Stephen Kane, astronomo della San Francisco State University, insieme ad alcuni collaboratori ha proposto un ulteriore parametro per distinguere, tra gli esopianeti individuati dalla missione Kepler della NASA, quelli più simili a Venere e per questo considerati non abitabili. Il parametro che definisce la cosiddetta “Zona Venere”, ovvero la fascia attorno ad una stella entro la quale può trovarsi un pianeta di tipo venusiano, chiama in causa il flusso di radiazione stellare, ovvero la quantità di energia emessa dalla stella che investe un pianeta e interazione con la sua atmosefra.
Questa fascia sarebbe compresa tra la distanza a cui si verificherebbe la fuga dei gas serra dall’atmosfera del pianeta – che ne definisce il limite esterno – e quella in cui l’atmosfera stessa del pianeta verrebbe spazzata via dalla radiazione stellare, ovvero il limite interno della zona Venere. Una fascia insomma dove i gas ritenuti responsabili dell’inusitato innalzamento delle temperature su Venere potrebbero sopravvivere nelle atmosfere degli esopianeti e surriscaldarli così in modo estremo.
«Il lavoro è molto interessante perché i ricercatori cercano di dare una metrica per capire se un pianeta di dimensione (e massa) simile alla Terra sia abitabile o no» commenta Isabella Pagano, ricercatrice dell’INAF- Osservatorio Astrofisico di Catania e coordinatrice INAF delle missioni spaziali CHEOPS e PLATO. «La fascia abitabile del Sistema solare, valutata come quella regione in cui il flusso stellare determina una temperatura superficiale compatibile con la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie del pianeta, include le orbite di Venere, Terra e Marte. Tuttavia la reale abitabilità è determinata da diversi ingredienti. L’atmosfera di Venere è ricchissima in anidride carbonica, e si ritiene che questa sia il risultato di un effetto serra a cascata, innescato dall’elevato livello di insolazione che determina, per complessi meccanismi di chimica dell’atmosfera, l’impossibilità di trattenere l’acqua. Questo lavoro quindi cerca di fissare dei criteri in base ai quali un pianeta simile alla terra sia nelle condizioni di sviluppare un’atmosfera con un forte effetto serra che rende impossibile la presenza di vita sulla superficie».
«Le missioni future dell’Agenzia Spaziale Europea, CHEOPS e PLATO, daranno un importante contributo per la classificazione dei pianeti di piccola massa nelle regioni abitabili delle loro stelle» prosegue la ricercatrice. «In particolare PLATO permetterà di trovare e caratterizzare la struttura di terre e super-terre (da 2 a 10 masse terrestri) anche attorno a stelle di tipo solare. Questi dati serviranno a capire quanti di questi pianeti sono nelle condizioni di Venere e quanti invece più probabilmente abitabili. Servirà quindi attendere i risultati delle osservazioni mirate alla comprensione della composizione atmosferica per confermare se i pianeti nella regione di insolazione simile a quella di Venere hanno tutti sviluppato un’atmosfera incompatibile alla vita come quella di Venere. Determinare la composizione dell’atmosfera è già possibile per i pianeti di massa grande e intermedia a noi più vicini ed è stato fatto ad esempio con il telescopio spaziale Hubble e, a Terra, con il Large Binocular Telescope, ma occorrerà attendere gli strumenti di nuova generazione, come JWST, E-ELT e SPICA per caratterizzare l’atmosfera dei pianeti di tipo terrestre. Quello della ricerca e caratterizzazione dei pianeti extarsolari è uno dei settori più eccitanti della ricerca astrofisica contemporanea, spinta come è dall’obiettivo che sembra ormai vicino di trovare tracce della presenza di vita al di fuori del Sistema solare».
Per saperne di più:
- l’articolo On the Frequency of Potential Venus Analogs from Kepler Data di Stephen R. Kane, Ravi Kumar Kopparapu, Shawn D. Domagal-Goldman in pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal Letters