Potrebbe attirare le invidie di Vulcano, il dio romano del fuoco, della tecnologia, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia. Una saldatrice da 50 metri di altezza, 25 di larghezza: la NASA non bada a spese e per i cantieri dello Space Launch System (SLS), il programma di ricerca che promette di portare l’uomo nello spazio profondo, ha voluto il più grande strumento di saldatura mai realizzato per la costruzione di veicoli spaziali. Si chiama Vertical Assembly Center (VAC) ed è stato ufficialmente presentato al pubblico in occasione della Michoud Assembly Facility di New Orleans.
Il VAC fa parte di una famiglia di strumenti progettati per il cantiere di SLS. Servirà a saldare cupole, anelli, serbatoi e strutture a secco. Nonché per verificare che ogni giuntura sia perfetta. Boeing è prime contractor per questa prima fase dei lavori.
Il programma di ricerca SLS, che promette di portare l’uomo nello spazio profondo, ha ricevuto l’ok definitivo allo sviluppo del progetto solo un paio di settimane fa. Riportare l’uomo sulla Luna, raggiungere gli asteroidi a spasso per il nostro sistema stellare (2025) e sognare l’ammartaggio sul Pianeta rosso (2030) è l’obiettivo dichiarato della NASA, rimasta a piedi dopo il pensionamento necessario del programma Space Shuttle.
Certo SLS ha dovuto fare i conti con un’inevitabile posticipo del lancio a novembre 2018 – fino all’altro ieri il varo del vettore era previsto per dicembre 2017 – ma acquista consistenza giorno dopo giorno: il nuovo sistema di propulsione basato su tecnologia a combustibile liquido sarà pronto in tempo.
“Il programma continua a fare progressi”, spiega Todd May, program manager di SLS. “L’approvazione al progetto conferma che siamo sulla strada giusta e che la tecnologia del vettore è abbastanza matura perché si proceda con la produzione delle componenti”.
Si procede svelti lavorando su una configurazione da quasi 80 tonnellate. Ma una volta a regime, SLS dovrebbe riuscire a gestire un carico di oltre 140 tonnellate. Primo ‘ospite’ del vettore: la capsula Orion Deep Space, con test di volo senza equipaggio, oltre l’orbita terrestre bassa. E anche qui si lavora alacremente: gli ingegneri hanno appena finito di costruire il modulo per l’equipaggio e il livello di attenzione è altissimo. La capsula a pressione, lo scudo termico, il sistema di paracadute, niente può essere lasciato al caso.
Lockheed Martin, prime contractor di Orion, e la Marina degli Stati Uniti stanno perfezionando le tecniche di recupero in mare della capsula. A dicembre, durante il primo test di volo, Orion precipiterà nel mezzo dell’Oceano Pacifico; in questi giorni numerose squadre di tecnici e scienziati sono impegnate nella simulazione dell’evento, a qualche miglio dalla costa della California. La USS Salvor ha preso il largo venerdì scorso attrezzata con una gru fissata al ponte e che servirà da argano per recuperare il mockup della capsula.