Sfruttando un noto fenomeno ottico conosciuto come “interferenza da lamina sottile” un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard ha dimostrato di poter dipingere, per così dire, uno strato di copertura ultra sottile su superfici ruvide, aprendo la via per utilizzi futuristici del fenomeno, come la realizzazione di dispositivi elettronici flessibili, pannelli solari di nuova generazione e anche la possibilità di disegnare loghi e scritte sulle fiancate dei vettori e delle navette spaziali di un peso praticamente pari a zero.
Quando la luce viene filtrata nell’acqua attraverso uno strato oleoso diviene iridescente rivelando una miriade di colori che scintillano e cambiano al variare della prospettiva di chi osserva. Tutti lo abbiamo sperimentato, senza magari conoscerne il nome, osservando ad esempio le bolle di sapone. Questo comportamento, noto come “interferenza da lamina sottile” è assai studiato e utilizzato per la creazione di vari tipi di dispositivi ottici. I ricercatori di Harvard hanno dimostrato che questo comportamento non varia, e anzi persiste, se la copertura viene applicata anche su una superficie estremamente ruvida e flessibile.
«Normalmente quando si parla di “interferenza da lamina sottile” si immaginano supporti di materiale liscio e morbido» dice Mikhail Kats dell’Università di Harvard che lavora presso il laboratorio di Federico Capasso con cui ha pubblicato il lavoro sulle lamine sottili sulla rivista Applied Physics Letters, «Con l’aumentare della ruvidezza del materiale utilizzato ci si aspetterebbe una diminuzione dell’effetto, mentre in realtà il comportamento non varia».
Parlando da un punto di vista strettamente ottico la carta comunemente utilizzata per scrivere, a causa della sua composizione fibrosa, rappresenta il supporto più ruvido e grezzo disponibile. Ma dopo che i ricercatori lo hanno rivestito con un sottilissimo film d’oro e successivamente con uno strato di germanio il foglio di carta ha cominciato a mostrare l’interferenza. L’effetto ottico è dovuta all’influenza dell’angolo di incidenza della lamina sottile.
Usualmente, perché mostrino il fenomeno dell’interferenza dei colori, vengono utilizzate lamine trasparenti e spesse al massimo nella misura di un quarto rispetto alla lunghezza d’onda della luce, ovvero 600 nanometri. Il fenomeno che può essere osservato è dovuto al cambio di fase, ovvero nella variazione della lunghezza del cammino ottico, che è il risultato dello spostamento dell’angolo di incidenza dell’osservatore. Col variare della lunghezza del cammino ottico varia il colore che appare all’osservatore, basta piegare un po’ la testa per vedere i colori che cambiano leggermente. Su scala nanometrica il cambio di fase che avviene è molto piccolo in ragione dello spessore estremamente sottile delle lamine, con conseguente decrescita anche dell’effetto nell’angolo di incidenza. Se si provasse quindi a muovere la testa non ci sarebbe variazione dei colori osservati.
«Questo effetto può essere utilizzato essenzialmente per osservare un singolo stato di atomi, o due o tre stati ad occhio nudo» aggiunge Kats. Ciò permetterà la colorazione di oggetti metallici con l’impiego di molto meno materiale di quello ad oggi usato, un’affermazione confermata dalla colorazione arancio, indaco e viola visibile su fogli di carta ricoperti da lamine sottili dai 7 ai 15 nanometri di spessore.
«C’è un aneddoto famoso in merito: non dipingendo uno dei serbatoi dello shuttle si “risparmiarono” quasi 300 chilogrammi, pari al peso che avrebbe avuto la vernice» aggiunge Kats «Se si vuole mettere un logo su qualcosa che deve poi essere spedito nello spazio, o se ne vuole colorare la superficie, in questo modo è possibile farlo praticamente senza aumento di peso dell’oggetto».
Tra i possibili impieghi futuri delle lamine c’è lo sviluppo di rilevatori fotografici e dispositivi optoelettronici estremamente sottili e flessibili, tra cui ad esempio i pannelli solari.
«Non credo che un pannello solare costruito sfruttando questo tipo di tecnologia sia destinato a battere qualche record di efficienza, ma potremmo dimostrare che rispetto ai pannelli tradizionali è possibile impiegare da un decimo ad un centesimo del materiale ad oggi necessario, e questo non è un parametro trascurabile quando si parla di costi» conclude Kats.
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