Lo Square Kilometre Array sarà il network di radiotelescopi più grande nel mondo, quando verrà completato verso il 2020. Il progetto è imponente e coinvolge centinaia di ricercatori, ingegneri, scienziati e industrie divisi in ben 11 consorzi di lavoro. A fine settembre circa 300 esperti provenienti da 15 paesi si sono riuniti a Fremantle (in Western Australia) per la seconda edizione dell’Engineering Meeting di SKA, durante il quale è stato fatto il punto sui diversi pacchetti di lavoro nei momenti finali della fase di pre-costruzione.
Durante i 4 giorni di meeting (dal 29 settembre al 2 ottobre) sono state ipotizzate diverse scelte che verranno confermate e rese pubbliche solo dopo marzo 2015, quando il consiglio di amministrazione di SKA voterà sul rebaselining del progetto. Molte discussioni tra i gruppi si sono concentrate soprattutto sull’aspetto economico di SKA e sul tetto di spesa che finora si aggira attorno ai 650 milioni di euro. Per questo sono state pensate diverse soluzioni (non ancora confermate) per portare il limite di spesa probabilmente a non superare i 400 milioni di euro. Nei meeting sono stati presentati diversi aggiornamenti sul pathfinder australiano ASKAP, il Murchison Widefield Array (MWA) e sull’africano Meerkat.
Proprio perché l’Engineering Meeting si è tenuto vicino Perth, una piccola delegazione internazionale di ricercatori ha avuto l’occasione di vedere da vicino il Murchinson Radio Observatory (MRO), uno dei due siti che ospiteranno le antenne di SKA. Oltre al Sudafrica, infatti, il Western Australia è stato scelto dalla SKA Organisation per portare avanti quello il progetto di radioastromia attualmente più avanzato del mondo dal punto di vista tecnologico e scientifico. L’osservatorio della Commonwelth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) è situato in una zona desertica a 800 chilometri da Perth: l’area è adatta a progetti di radioastronomia come SKA perché è decisamente poco popolata (il centro abitato più vicino è Mullewa a più di 300 chilometri) e, quindi, pochi sono i segnali radio artificiali che possono interferire con le osservazioni. L’obbligo di rispettare il silenzio radio (spegnendo del tutto anche i telefoni cellulari) deve essere rispettato già da centinaia di chilometri prima dell’arrivo al sito.
In una natura a dir poco selvaggia e aspra, tra arbusti bassi, canguri e serpenti, sono state costruite le prime 36 antenne ASKAP, che diventeranno 96 nella fase di costruzione. Le antenne sono tutte di provenienza cinese ma sono state costruite in collaborazione con Canada, Olanda e Stati Uniti. Pensate che ogni disco è largo ben 12 metri e l’area di raccolta è di 4000 metri quadrati: ognuna delle mastodontiche antenne ha richiesto dalle 13 alle 18 ore di assemblaggio (un tempo record se si pensa ad esemplari simili costruiti nel resto del mondo in altri progetti di ricerca). Con un simile campo di vista istantaneo, ASKAP sarà in grado di osservare galassie lontane a una velocità oggi impensabile con altri radiotelescopi: basti pensare che in una settimana ASKAP genererà più informazioni di quelle attualmente contenute su tutto il World Wide Web; in un mese si genereranno più informazioni di quanto quelle contenute nelle biblioteche accademiche di tutto il mondo. Trenta antenne sono disposte in un cerchio di 2 chilometri di diametro, mentre le restanti sei antenne sono disposte a formare un triangolo Reuleaux con massima distanza dal centro di 6 chilometri. ASKAP è operativo già dal 2012 anche se è solo dal 2020 che partiranno le osservazioni ufficiali. In realtà i primi risultati sono già stati presentati dal gruppo australiano durante il meeting “Advancing Astrophysics with the Square Kilometre Array” ospitato lo scorso giugno a Giardini Naxos (Sicilia): dopo 12 ore di osservazione, i ricercatori hanno ottenuto un’immagine di galassie lontane; la foto è ben 50 volte più grande della superficie della Luna ed è stata realizzata osservando 9 regioni di cielo (beam) in contemporanea. La durata predefinita di ASKAP è di 30 anni, anche se i primi 5-7 anni di osservazioni saranno quelli più cruciali.
A qualche chilometro di distanza sono invece situati altri strumenti di fondamentale importanza per SKA: le antenne Low Frequency Aperture Array (LFAA), a cui lavora anche un gruppo di ingegneri e radioastronomi dell’INAF. Questi strumenti coprono le basse frequenze da 50MHz a 350MHz. Il Low Frequency Aperture Array (SKALow) sarà costituito da oltre 250 mila (262144) antenne a dipolo a banda larga AAVS0.5 e 1 (Aperture Array Verification System) – simili ad alberi di Natale – cioè dei prototipi di LFAA che verranno posizionati secondo un design particolare: circa il 75% delle antenne verranno localizzate in un’area di meno di 2 km di diametro e il resto verranno posizionate a spirale e si estenderanno per circa 50 km. In questo elemento, l’INAF è coinvolta principalmente con l’Istituto di Radioastronomia di Medicina, dove Jader Monari è responsabile del pacchetto di lavoro sul design dei ricevitori, l’Università di Bologna, CNR-IEIIT Torino e il Politecnico di Torino. L’Istituto Nazionale di Astrofisica contribuisce, inoltre, nella parte di signal processing e antenna verification and calibration. Quelle che vedete nella foto in alto sono le prime 16 antenne del sistema costruito come estensione del MWA.
Il Murchinson Widefield Array, invece, sarà costituito da 128 tiles (una delle quali è ritratta nella foto) per un totale di 2048 antenne a dipolo doppia polarizzazione. Ciascuna tile conterrà 16 dipoli incrociati disposti in un quadrato 4×4. La maggior parte delle “mattonelle” verrà costruita in un’area centrale di 1,5 chilometri, mentre le altre verranno posizionate in un’area più grande (circa 3 chilometri). Operanti nella gamma di frequenza 80-300 MHz, le piccole antenne MWA a forma di ragno cercheranno di rilevare le emissioni di idrogeno atomico neutro dall’Epoca della reionizzazione, studieranno il Sole, l’eliosfera, la ionosfera della Terra, e il costo totale del progetto è previsto attorno ai 51 milioni dollari australiani (circa 35 milioni di euro).
La prossima tappa sarà Porth Elizabeth (in Sud Africa), quando a ottobre 2015 il gruppo scientifico e tecnico di SKA si riunirà per il terzo Engineering Meeting.