Lutetia, per la precisione 21 Lutetia, è un asteroide del diametro di circa 100 chilometri fotografato dalla sonda Rosetta durante il suo viaggio verso la cometa 67/PChuryumov-Gerasimenko, ed è proprio grazie a questo “incontro” che è stato possibile analizzarne nel dettaglio la superficie. Le foto scattate da Rosetta hanno evidenziando la presenza di un grosso cratere da impatto nella parte non visibile di questo piccolo mondo roccioso.
Questo asteroide dalla sua scoperta nel 1852 era noto soprattutto per essere il primo ad essere stato individuato da un astronomo dilettante, ma dal 10 luglio 2010, quando la sonda dell’ESA Rosetta lo ha sorvolato a una distanza di 3162 km, è salito agli onori della cronaca, poiché Lutetia non è soltanto il più grande ma è anche il primo asteroide metallico visitato da una sonda.
Rosetta ha ripreso immagini dell’asteroide per circa due ore durante il passaggio, rivelando la presenza sulla sua superficie di numerosi crateri da impatto e centinaia di solchi o canali. I crateri da impatto sono osservabili su tutti i corpi del Sistema Solare che abbiano una superficie solida, prova tangibile di un’intensa storia di collisioni tra essi. Osservare solchi o canali è invece meno frequente, ad oggi ne sono stati osservati solamente sul suolo di Phobos, il maggiore e il più interno dei due satelliti naturali del pianeta Marte, e sugli asteroidi Eros e Vesta e sempre grazie alle osservazioni effettuate da veicoli spaziali.
C’è ancora molta discussione sul modo in cui questi canali si siano formati, ma sembra che la loro presenza sia correlata agli impatti. Le onde d’urto provocate dall’impatto viaggiano infatti “attraverso” l’interno di un corpo piccolo e poroso, fratturandone la superficie e dando così origine ai solchi.
Dice in proposito Sebastien Besse, ricercatore presso il Centro Tecnico dell’ESA (ESTEC) e primo autore dello studio pubblicato su Planetary and Space Science questo mese: «nel caso di Lutetia, se partiamo dall’osservazione della disposizione concentrica dei solchi intorno ai crateri da impatto presenti, possiamo identificare 200 di queste formazioni appartenenti a distinte “famiglie” legate a tre differenti crateri da impatto»
Uno dei sistemi di solchi è associato al cratere denominato Massilia, mentre un altro sistema è associato al gruppo di crateri del Polo Nord dell’asteroide, che ricomprende un certo numero di crateri sovrapposti. In entrambi i casi ci troviamo nell’emisfero nord di Lutetia.
Un altro raggruppamento di solchi indicherebbe invece la presenza di un cratere posizionato nell’emisfero sud dell’asteroide, in un punto che non è stato osservato nemmeno durante il passaggio di Rosetta. La sua presenza sottintesa, implicita, gli è valso il nome di “Suspicio”. I solchi correlati a Suspicio ricoprono una vasta area dell’asteroide suggerendo che il cratere di estenda su un’area vasta varie decine di chilometri. Per fare una comparazione con i crateri visibili, quello denominato Massilia – il maggiore ad oggi conosciuto su Lutetia ha – ha un diametro di circa 55 chilometri, mentre il più grande di quelli appartenenti al cluster polare è ampio circa 34 chilometri.
«Questi tre impatti principali hanno senz’altro deformato in modo importante l’aspetto di Lutetia», aggiunge Sebastien, e continua «questo studio porta nuove conoscenze sulla “catastrofica” storia di questi piccoli corpi».
Osservando quanti piccoli crateri in successione ci siano nel solco dei canali di Lutetia gli scienziati hanno stabilito l’età dei tre principali impatti. Si pensa che Massilia sia il più antico dei tre, che il cluster polare sia quello più giovane e che Suspicio si sia formato in un periodo intermedio.
Grazie alle osservazione effettuate da terra con l’Infrared Telescope Facility della NASA e a quelle fatte con ai telescopi Herschel dell’ESA e Spitzer, sempre della NASA, gli scienziati hanno potuto effettuare anche altre misurazioni su Lutetia. I modelli elaborati prima del flyby di Rosetta avevano già previsto la presenza di una vasta depressione nell’emisfero sud dell’asteroide. I dati raccolti grazie all’Infrared Telescope Facility suggeriscono invece che la composizione dell’asteroide vari dall’emisfero nord a quello sud.
Sebastien ed i coautori dello studio hanno ipotizzato che un grosso impatto, che potrebbe essere quello che ha dato origine al cratere Suspicio, abbia scavato via abbastanza materiale di differente composizione da poter spiegare la differenza che è stata osservata.
«Il nostro studio lega insieme varie differenti analisi fatte su Lutetia a creare una storia coerente e che risulta in accordo con la presenza di un grosso cratere da impatto nell’area più recondita dell’asteroide» dice uno dei coautori, Michael Küppers, dello Space Astronomy Centre dell’ESA in Spagna, mentre il suo collega progettista Matt Taylor chiosa: «Sono passati quattro anni e stiamo tuttora gongolando e imparando dalle due ore di dati raccolti su Lutetia durante il flyby di Rosetta».
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