Si chiamano eruzioni di massa coronale, sono potenti raffiche di vento solare – un plasma di protoni ed elettroni – e possono causare seri danni alla strumentazione a bordo dei satelliti artificiali e, sulla Terra, agli impianti di produzione di energia elettrica. Poterle prevedere con un anticipo di qualche giorno sarebbe di enorme aiuto per adottare misure tese a mettere in sicurezza queste apparecchiature. Un possibile segnale premonitore di questi eventi è la formazione, nel campo magnetico del Sole, di strutture caratteristiche dette “corde di flusso magnetico attorcigliate” (twisted magnetic flux rope), dice ora uno studio pubblicato su Nature.
Ma qual è il meccanismo fisico alla base di questi processi? Studiando i dati raccolti dal Solar Optical Telescope (SOT), uno strumento a bordo del satellite Hinode, fra il 9 e il 12 dicembre 2006, i tre ricercatori del CNRS francese che hanno firmato lo studio hanno cercato di capire se la corda di flusso si forma prima o dopo la riconnessione magnetica che scatena l’eruzione. In base ai risultati ottenuti, l’ipotesi più probabile è che si formi prima. In particolare, ciò che i ricercatori – guidati da Tahar Amari – hanno osservato è che, nei quattro giorni precedenti l’eruzione di massa coronale, l’energia del campo magnetico era relativamente bassa, ma in progressivo aumento. Fino al giorno prima, quando la corda di flusso si è formata e ha iniziato a crescere, per poi essere schiacciata verso l’alto quando il campo magnetico si è fatto troppo intenso. La conseguente riconnessione magnetica ha dato infine origine all’eruzione.
«È da molti anni che i ricercatori stanno cercando di capire, con osservazioni e simulazioni, se una struttura particolare del campo magnetico, detta twisted magnetic flux rope, si formi prima dell’eruzione o durante l’eruzione. Questa configurazione», spiega Alessandro Bemporad, fisico solare dell’INAF-Osservatorio astrofisico di Torino, al quale abbiamo chiesto un commento su questa ricerca, «corrisponde ad avere nell’atmosfera del Sole delle linee di campo magnetico che hanno una forma simile a un insieme di spaghetti disposti dentro a un tubo e attorcigliati tra loro. Questo importante lavoro dimostra quanto sia cruciale, per risolvere il problema, seguire per giorni l’evoluzione dei campi magnetici che dalla superficie del Sole si estendono nella sua atmosfera prima del verificarsi di un’eruzione. L’accumulo di energia in corona è infatti un processo lento (4 giorni in questo caso), se confrontato con i tempi scala in cui si verificano le eruzioni (qualche decina di minuti), e non ancora del tutto compreso».
Ma in definitiva a quale risultato si è giunti? Sono già prevedibili con ragionevole anticipo, queste eruzioni? «Le possibilità di previsione di questi eventi restano ancora molto limitate: il lavoro, infatti, usa un modello per seguire l’evoluzione dei campi coronali e l’accumulo di energia prima dell’eruzione, e un altro modello per simulare poi l’eruzione stessa a partire da un tempo poco precedente l’eruzione», osserva Bemporad. «Questo vuol dire sapere a priori a quale tempo si sia verificata l’eruzione da simulare: attualmente è infatti ancora impossibile simulare con un unico modello l’accumulo di energia, la formazione del twisted flux rope ed infine la sua destabilizzazione che porta all’eruzione finale».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Characterizing and predicting the magnetic environment leading to solar eruptions”, di Tahar Amari, Aurélien Canou e Jean-Jacques Aly