Utilizzando il CHARA Array – un interferometro ottico composto da sei telescopi da un metro situati all’Osservatorio di Monte Wilson, sopra Los Angeles, in California – un gruppo di astronomi ha osservato l’espansione della palla di fuoco termonucleare sprigionata da una nova, scoppiata lo scorso anno nella costellazione del Delfino, con una chiarezza senza precedenti. Le osservazioni hanno prodotto le prime immagini di una nova durante le fasi iniziali di fireball, rivelando come si evolve la struttura del materiale espulso mano a mano che il gas si espande e si raffredda. I risultati dello studio, guidato da Gail Schaefer della Georgia State University (GSU) e ora pubblicato su Nature, mostrano che l’espansione di una nova potrebbe essere un fenomeno ben più complesso di quanto previsto in precedenza.
Un nova – da non confondere con una supernova – si verifica in seguito alla formazione di un sottile strato di idrogeno sulla superficie di una nana bianca, una stella compatta che nelle fasi finali del suo percorso evolutivo è contraddistinta da una massa simile a quella del Sole ma un diametro più prossimo a quello della Terra. L’idrogeno è fornito da un vicina compagna di danze, una stella normale che dà luogo a un sistema binario in cui i due astri orbitano attorno loro centro di massa. Quando questo “oceano” d’idrogeno raggiunge una profondità attorno ai 200 metri, l’enorme gravità superficiale della nana bianca induce sul fondo dello strato di idrogeno una pressione sufficiente a innescare la reazione di fusione termonucleare, letteralmente una bomba H stellare. La luce prodotta dall’esplosione sopravanza significativamente la normale luminosità della stella, con il risultato che nel cielo si potrebbe improvvisamente scorgere a occhio nudo una “nuova stella” laddove prima non se ne distinguevano. Durante le settimane successive, la stella lentamente svanisce dalla vista mano a mano la palla di fuoco si espande, si raffredda e si dissipa.
Il 14 agosto 2013, l’astrofilo giapponese Koichi Itagaki scoprì una “stella nuova” che è stata successivamente denominata Nova Delphinus 2013. Entro 15 ore dalla scoperta di Nova Delphinus 2013, ed entro 24 ore dall’esplosione vera e propria, gli astronomi hanno puntato i telescopi del CHARA Array verso la nova per riprenderne la palla di fuoco e misurarne dimensioni e forma. Il CHARA Array utilizza i principi dell’interferometria ottica per combinare la luce catturata da sei distinti telescopi e creare immagini con una risoluzione molto elevata, pari ad un telescopio con un diametro superiore a 300 metri. Questo rende l’array capace di vedere dettagli molto fini, tanto che potrebbe teoricamente distinguere una monetina posta sulla cima della torre Eiffel a Parigi dalla distanza di Los Angeles, in California, dove si trova lo strumento.
La dimensione di Nova Delphinus 2013 è stata misurata durante 27 notti di osservazione nel corso di due mesi e rappresenta la prima misurazione mai ottenuta per un evento nova in fase così iniziale. La misura dell’espansione ha permesso ai ricercatori di determinare che Nova Delphinus 2013 si trova a una distanza di 14.800 anni luce dal Sole. Ciò significa che, mentre l’esplosione è stata vista qui sulla Terra lo scorso agosto, ha avuto in realtà luogo circa 15.000 anni fa. Durante la prima osservazione CHARA, la palla di fuoco è stata stimata nell’ordine delle dimensioni dell’orbita della Terra attorno al Sole, mentre l’ultima volta che è stata misurata, 43 giorni dopo la detonazione, si era estesa di quasi 20 volte. Viaggiando ad una velocità di oltre 600 chilometri al secondo, aveva quasi raggiunto la dimensione dell’orbita di Nettuno, il pianeta più esterno del nostro Sistema Solare.
“E ‘stato incredibile vedere il materiale in espansione verso l’esterno ogni giorno dopo l’esplosione” ha entusiasticamente commentato Schaefer. “Questa è la prima volta che gli astronomi sono stati in grado di assistere ad un palla di fuoco in espansione con tanta dovizia di particolari, piuttosto che come un piccolo punto di luce perso nell’immensità nella galassia”.
Le osservazioni CHARA hanno rivelato che l’esplosione non era esattamente sferica e la palla di fuoco aveva una forma leggermente ellittica, il che fornisce preziosi indizi per comprendere come il materiale venga espulso dalla superficie della nana bianca durante l’esplosione. Si è anche potuto apprezzare come gli strati esterni siano diventati più diffusi e trasparenti in ragione dell’estendersi della palla di fuoco. Inoltre, dopo circa 30 giorni i ricercatori hanno registrato un aumento di luminosità degli strati esterni, più freddi, probabilmente a causa dalla formazione di grani di polvere che emettono luce a lunghezze d’onda infrarosse, a cui è sensibile il telescopio.
“Rimane misterioso il fatto che la forma dell’esplosione sia cambiata così tanto nel corso di pochi giorni” ha aggiunto John Monnier della GSU, PI dell’interferometro MIRC con cui sono state combinato le osservazioni dai 6 telescopi. “Non vedo l’ora che scoppi un’altra Nova per vedere cosa possiamo imparare su questo processo dirompente”.
Migliaia di novae sono state scoperte dal momento in cui è stato registrata la prima nel 1670, ma solo nell’ultimo decennio è divenuto possibile avere le immagini delle prime fasi dell’esplosione grazie alla alta risoluzione ottenuta attraverso l’interferometria. Studiare come la struttura delle novae cambi già nelle primissime fasi, dicono i ricercatori, porta a formulare modelli teorici più compiuti sul meccanismo che ne governa l’esplosione.
Guarda il video sul CHARA Array (in inglese) Interferometry: Sizing Up the Stars: