Nel nucleo di quasi tutte le galassie risiede un buco nero supermassiccio, un oggetto che può raggiungere milioni o persino miliardi di masse solari. Ad esempio, nel nucleo della nostra galassia, il buco nero, chiamato Sagittarius A*, ha una massa di quasi 4 milioni di Soli. Di solito, questi “mostri del cielo” sono circondati da un disco di accrescimento caratterizzato da polvere e gas e quando la materia cade verso il buco nero la parte più interna del disco viene riscaldata fino a raggiungere temperature dell’ordine di qualche milione di gradi. Inoltre, il processo di accrescimento può alimentare la produzione di due getti relativistici, composti da particelle cariche, che emergono in direzione opposta e perpendicolare al disco stesso. Questa fenomenologia è nota agli astronomi con l’acronimo inglese AGN, che vuol dire nucleo galattico attivo.
In generale, comprendere come evolvono gli AGN nel corso del tempo cosmico permette di avere un quadro sufficiente del ruolo che essi hanno nella formazione delle galassie. Di recente, è stato trovato che gli AGN con luminosità e tasso di accrescimento più modesti, in confronto ai casi estremi, evolvono più tardi nel corso della storia cosmica, nonostante le cause e le implicazioni di questo effetto, noto come “downsizing”, non sono state completamente spiegate.
A tal proposito, in un recente studio condotto da un gruppo di astronomi del Center for Astrophysics (CfA), è stato selezionato il più grande insieme di AGN distanti, cioè 209 oggetti rivelati dal telescopio spaziale Chandra che sono distribuiti in un intervallo temporale che risale all’epoca in cui l’Universo aveva una età compresa tra 1,2-2,5 miliardi di anni. «Il punto forte di questo lavoro è che si tratta di un campione molto grande di nuclei galattici attivi ad alto redshift», spiega a Media INAF Francesca Civano dell’Università di Yale e del CfA che ha partecipato attivamente alla ricerca.
I ricercatori hanno trovato che i dati raccolti nella banda X sono meno contaminati dall’emissione della galassia ospite rispetto alle osservazioni nell’ottico e di conseguenza essi comprendono un intervallo di condizioni fisiche più ampio e rappresentativo. «Non abbiamo particolari effetti di selezione», continua la ricercatrice, «come si ha invece nelle survey ottiche, perciò siamo in grado di selezionare sia oggetti oscurati e non oscurati, grazie all’elevato potere esplorativo di Chandra».
L’analisi dei dati conferma l’effetto del downsizing, escludendo effettivamente altri modelli alternativi. Un altro risultato riguarda l’evoluzione delle due classi di AGN. «In particolare – conclude Francesca Civano – quando analizziamo l’evoluzione degli AGN oscurati e di quelli non oscurati a redshift elevato non troviamo alcuna differenza e questo suggerisce che le due classi di oggetti presentano lo stesso tipo di evoluzione».
arxiv: The Largest X-ray Selected Sample of z>3 AGNs: C-COSMOS & ChaMP