Da vicino non passa certo inosservato, il satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea: lo scudo che lo protegge dal Sole è un padellone color arancio grande circa dieci metri. Riuscire a individuarlo da un milione e mezzo di chilometri di distanza – perché tanta è la strada che lo separa dalla Terra – è però tutta un’altra storia. Ma se hai un “Telescopio Special” che ti toglie i problemi, come quello da 1.5 metri di Loiano, sui colli di Bologna, il risultato è assicurato. E lo potete ammirare nelle due immagini qui sotto:
Il telescopio di Loiano, a dire il vero, non è nuovo a questi exploit: è del dicembre 2009 la sua “cartolina natalizia” di Planck, anche il quel caso un telescopio spaziale ESA immortalato mentre volteggiava in L2, il punto lagrangiano secondo, lo stesso angolo di Sistema solare (in realtà, si sposta con la Terra) dove ora si trova Gaia. Ma per lo scatto del 17 ottobre scorso – per l’esattezza, una serie di “pose” da 300 secondi ciascuna – la squadra guidata da Alberto Buzzoni, dell’INAF Osservatorio astronomico di Bologna, ce l’ha dovuta mettere davvero tutta.
Questa volta, infatti, non è bastata la tenacia: è stato necessario “truccare” il motore del telescopio rendendolo un “turbo” – operazione condotta da Italo Foppiani, anch’egli dell’Osservatorio di Bologna – e modificare il software di tracking per far sì che a essere “inseguite” non fossero le stelle, come avviene con la normale “guida siderale”, bensì il satellite. «Questo ha permesso di concentrare la luce riflessa da Gaia tutta nei medesimi pixel del detector CCD», spiega Buzzoni, «così da far emergere il satellite dal buio».
Oltre a Buzzoni e Foppiani, a condividere la notte del 17 ottobre l’emozione per l’inusuale fotografia c’erano anche, sotto la cupola di Loiano, Roberto Gualandi, l’operatore al telescopio, e due studenti del Corso di laurea in Astrofisica e cosmologia del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna: Francesca Rizzo e Sadegh Moslehi, assai contenti di poter di vivere in diretta l’evento.
«Grazie al nuovo sistema di tracking differenziale», aggiunge Buzzoni, «il telescopio è ora potenzialmente in grado di seguire altri satelliti artificiali anche più vicini, che si muovono molto più velocemente. Seguirli da Terra è molto importante per caratterizzarne l’orbita, per verificare che sia quella giusta. È un’operazione che si compie, tipicamente, con mezzi radar, rispetto ai quali l’osservazione ottica è però complementare».
Per saperne di più:
Guarda e ascolta l’intervista ad Alberto Buzzoni: