Tutti sappiamo che il tempo scorre in avanti, come una freccia, e mai all’indietro. Lo percepiamo dalle nostre esperienze quotidiane perché di fatto ci ricordiamo il passato e non il futuro. Ma per tre fisici ci sono alcune risposte al problema della “freccia del tempo” che potrebbero essere intrinsecamente legate alla natura complessa del nostro Universo.
Spesso, il concetto di freccia del tempo viene spiegato con la cosiddetta “ipotesi del passato” secondo cui l’Universo si originò da uno stato di minima entropia, cioè da una situazione ben ordinata, prima di passare ad una situazione più caotica. Tuttavia, l’Universo non sembra diventare sempre più disordinato man mano che evolve, al contrario le osservazioni suggeriscono che il suo stato iniziale era molto più caotico nel passato, come una sorta di “zuppa primordiale” vicina all’equilibrio termico che poi si trasformò nelle strutture cosmiche che possiamo ammirare oggi sotto forma di stelle, galassie e ammassi di galassie.
“Se risaliamo la catena delle cause e degli effetti – dice a Media INAF Flavio Mercati del Perimeter Institute e co-autore dell’articolo pubblicato su Physical Review Letters – siamo portati ad ipotizzare che l’universo sia nato in una situazione di entropia enormemente bassa. Questa è l’ipotesi del passato. Il nostro articolo tenta di fare a meno di questa ipotesi, e di identificare un meccanismo fisico alla base dell’osservazione che i sistemi con cui abbiamo a che fare partono con entropia molto bassa”.
Questa ipotesi del passato apre, però, tutta una serie di interrogativi. «Infatti – continua l’autore – se lo stato attuale dell’universo ha un’entropia molto più alta rispetto a quella dello stato iniziale, lo stato attuale deve essere
molto più comune di quello iniziale. Ciò significa che qualsiasi fosse lo stato iniziale, esso, con altissima probabilità, evolverebbe verso uno stato molto simile a quello attuale. Se le cose stanno così, i nostri modelli non possono predire, o meglio post-dire, le proprietà dell’universo iniziale a partire da quelle dell’universo attuale».
Invece, una proposta più logica, suggeriscono gli autori, è quella di guardare al tempo da una prospettiva più complessa, analizzando cioè la situazione dal punto di vista newtoniano degli N-corpi, un problema che viene spesso affrontato dai fisici quando si ha a che fare con la meccanica celeste, la teoria del caos e i sistemi dinamici non lineari.
Dunque, secondo gli autori, la complessità evolve da un singolo punto e ogni soluzione ha un solo passato ma con due futuri ben distinti, dove l’osservatore può esistere solo in uno di essi. «Il nostro modello – aggiunge Mercati – ha energia totale nulla (o positiva) e momento angolare nullo. Identificando una quantità che misura la complessità dello stato dell’universo, risulta che tutte le soluzioni di questo
modello hanno uno stato di minima complessità in qualche istante intermedio, e la complessità cresce in entrambe le direzioni temporali».
«Nonostante le equazioni del moto siano invarianti sotto inversione temporale – conclude Flavio Mercati – questa invarianza viene meno in tutte le soluzioni che presentano una, anzi due, pronunciate frecce del tempo, cioè nelle due direzioni in cui la cresce complessità. Questo, pensiamo, permette di spiegare come, a partire da uno stato di minima complessità, che identifichiamo con il Big Bang, estremamente omogeneo, l’universo, per virtù delle interazioni gravitazionali, evolve verso stati via via più complessi e strutturati, che appaiono sempre più lontani dall’equilibrio termodinamico, e spiegano l’emergere di condizioni iniziali di bassa entropia nei sottosistemi che si trovano, ad un certo punto, sufficientemente isolati come la nostra galassia o il nostro sistema solare».
Dal punto di vista matematico, gli autori rimuovono il tempo dalle equazioni che descrivono l’energia dell’Universo, ossia separano in due parti le equazioni che sono state formulate per descrivere l’evoluzione cosmica, ognuna delle quali parte da uno stato di complessità minima ed evolve verso uno stato di complessità massima (un po’ come nei modelli che descrivono il tempo utilizzando il concetto di entropia).
Insomma, la proposta dei tre fisici, nonostante venga presentata più come un suggerimento, rappresenta non solo una eventuale soluzione al problema della freccia del tempo ma anche un nuovo approccio che nonostante sia consistente dal punto di vista delle equazioni, non risolve comunque la questione fondamentale che riguarda la natura stessa del tempo.
Leggi l’articolo su Physical Review Letters