Il successo straordinario della missione Rosetta e della piccola Philae appartiene già alla storia, quella che registra i grandi traguardi dell’umanità quando, sulle ali di un sogno, arriva a risultati esaltanti.
Per entrare nelle leggenda, trasformando una missione scientifica in una epopea, ci voleva qualcosa di più, e qui ha dato un contributo la sfortuna, o, se preferiamo, quella che i greci chiamavano l’invidia degli dei. Stava andando tutto troppo bene e un piccolo malfunzionamento ha trasformato la discesa di Philae in una avventura che ha tenuto incatenati al blog della missione appassionati di ogni parte del mondo.
L’ultimo controllo, prima del distacco di Philae dalla sonda madre Rosetta, aveva evidenziato che il getto di gas, che avrebbe dovuto spingere gentilmente le zampe di Philae verso la superficie della cometa, non dava segni di vita. Dal momento che non era possibile fare nulla per ovviare al problema, si era deciso di proseguire con il distacco, dando fiducia al sistema di ancoraggio della sonda. Prima di preoccuparsi per il touch down, alla cometa bisognava arrivarci, possibilmente nel punto scelto perché ragionevolmente pianeggiante e ben soleggiato. Due caratteristiche fondamenti per il buon proseguimento della missione: un sito pianeggiante avrebbe facilitato l’ancoraggio della sonda, grazie agli artigli montati sulle zampe, mentre una buona insolazione avrebbe assicurato la ricarica delle batterie per il proseguimento delle attività dopo l’esaurimento della scorta di energia immagazzinata prima della discesa. Dal momento che Philae non ha un motore per correzioni dell’ultimo minuto, era stato necessario calcolare con grandissima accuratezza il momento giusto per il distacco, comprensivo di una gentile spinta, per avviare il concentrato di tecnologia delle dimensioni di una lavatrice sulla giusta traiettoria. Il gruppo che fa i calcoli sulle traiettorie per le missioni dell’Agenzia Spaziale Europea ha fatto un lavoro straordinario e le immagini sono lì a dimostrarlo. Mentre Philae scendeva lentamente verso la bitorzoluta cometa 67P Churyumov-Gerasimenko la NAVCAN di Rosetta la teneva sotto controllo per essere sicura che fosse sulla retta via. Rosetta, inoltre, ha fotografato il luogo scelto, al quale era stato dato il nome di Agilkia, prima dell’impatto e ha ripetuto l’operazione poco dopo il momento previsto. Effettivamente si vede che Philae ha centrato nel segno, ha mosso un po’ la polvere della superficie, ma, purtroppo, non si è fermata. La mancanza del getto di gas che avrebbe dovuto frenarla si è fatta sentire e la sonda, forse presa dall’entusiasmo dovuto alla pochissima attrazione gravitazionale della piccola cometa, ha rimbalzato. Gli strumenti di Philae, registrato il touch down, avevano mandato il messaggio alla sonda madre che ha provveduto a trasmetterlo a terra.
Ci sono voluti 28 minuti e 20 secondi perché il preziosissimi bit arrivassero alle antenne del Deep Space Network dell’ESA e della NASA, che erano tutte dedicate a Rosetta. Mentre al centro di controllo dell’ESA, e in tutte le agenzie spaziali coinvolte nella missione, si esultava in diretta streaming per la storica impresa, Philae fluttuava nello spazio, tentando nuovamente di posarsi. I dati dicono che è rimbalzata ancora. Alla fine, sicuramente grazie all’intervento di una poderosa dose di sfortuna, si è fermata lontano dal luogo previsto andandosi a mettere nella peggiore posizione possibile. Non solo si è posata su un pendio, ma, colmo delle sfortuna, è messa in modo tale da essere in ombra. C‘è voluto un po’ perché a terra, dopo l’euforia delle prime ore, mettessero a fuoco la situazione. La panoramica del luogo di atterraggio, disciplinatamente mandata da Philae, non ha lasciato dubbi.
Per capire quelli che sembrano inspiegabili ritardi, bisogna sapere che le comunicazioni spaziali con una piccola sonda posata su un corpo celeste a 510 milioni di km da noi non sono né facili né veloci. Philae ha una limitata capacità di trasmettere informazioni e può farlo solo quando è in vista di Rosetta, l’unica con la potenza necessaria per inviarle a terra. Considerando che la cometa ruota con un periodo di circa 12 ore e che Rosetta è in orbita intorno alla cometa, la possibilità di scambiare informazioni con Philae è limitata a poche ore al giorno, quando l’orbita di Rosetta “vede” la posizione di Philae e le due sonde possono parlarsi. Una volta scaricate tutte le informazioni, Rosetta si deve voltare verso la terra per iniziare la trasmissione. Ecco il perché dei comunicati del tipo “ne sapremo di più al prossimo passaggio”. E’ la meccanica celeste, bellezza…e nulla viaggia più veloce della luce.
Una volta capita la situazione, è stato subito chiaro che la posizione così sfortunata avrebbe compromesso la possibilità di ricaricare le batterie, riducendo drasticamente la durata di vita della sonda che poteva contare solo sulla batteria precaricata prima del distacco. Con un’autonomia di poche decine di ore, al centro di controllo hanno deciso di giocare il tutto per tutto e hanno mandato il segnale per attivare tutti gli strumenti. Nel passaggio avvenuto tra venerdì e sabato Philae è riuscita a mandare i dati che aveva raccolto. Poi, le forze l’hanno abbandonata e ha smesso di trasmettere. Da sonda di altissima tecnologia, molta della quale fatta in Italia, si è trasformata in una bella addormentata spaziale. Sarà possibile svegliarla? Il principe azzurro della nostra storia si chiama Sole e sicuramente nei prossimi mesi l’insolazione migliorerà, perché la cometa si sta avvicinando al Sole. Inoltre, nei prossimi mesi la radiazione solare attiverà la cometa che comincerà ad emettere getti di gas. Rosetta sarà sempre lì a studiarla da poche decine di km ma, magari, un getto di gas potrebbe dare una spintarella a Philae aiutandola a spostarsi un una posizione un pochino meno sfavorevole.
Indipendentemente dalle possibilità di risveglio, sulle quali è bellissimo sognare, non dimentichiamo che tutti gli strumenti a bordo di Philae hanno funzionato benissimo. I dati raccolti ci permetteranno di capire molto di più sulla composizione della cometa che contiene un campione di sistema solare inalterato da quando si è formato 5 miliardi di anni fa. Philae l’ha annusata, l’ha trapanata, l’ha esplorata con il radar nell’intento di sfruttare un’occasione unica per scrivere un nuovo capitolo sulla comprensione del sistema solare e sull’origine della vita.
Perché facciamo tutto questo? Come diceva (più e meno) il Presidente Kennedy “Abbiamo deciso di andare sulla Luna non perché è facile ma perché è difficile, perché vincere questa sfida farà emergere il meglio delle nostra nazione”. L’avventura dell’esplorazione dello spazio e la splendida favola di Rosetta e Philae dimostrano che il messaggio rimane sempre vero. Facendo cose difficili, accettando sfide impossibili, miglioriamo la qualità della nostra vita. Ne vale la pena? Ogni tax payer europeo ha investito 3 euro, spalmati su circa 20 anni, per contribuire al successo della missione Rosetta. Vi sembrano troppi?