È stata posata e ancorata sul fondale marino a 3500 metri profondità al largo di Portopalo di Capo Passero la prima torre dell’osservatorio per neutrini KM3NeT-Italia, progetto nel quale l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) gioca un ruolo chiave grazie anche al contributo dei suoi Laboratori Nazionali del Sud (LNS). Questo nuovo successo segue a distanza di pochi mesi quello dello scorso maggio, quando era stata agganciata sul fondale marino la prima stringa. L’apparato impiega strutture di rivelazione di diverso tipo, torri e stringhe, appunto, per ottimizzare la risposta a una gamma quanto più ampia possibile di energia delle particelle studiate. L’esperimento, nella conformazione finale di questa fase, sarà costituito complessivamente da otto torri e ventiquattro stringhe, allo scopo di realizzare una matrice tridimensionale di sensori per la rivelazione e la misura di neutrini astrofisici di alta energia. Al suo completamento sarà, così, il più grande telescopio per neutrini astrofisici operante nell’emisfero boreale.
Costituirà, inoltre, la prima porzione del nodo italiano dell’infrastruttura di ricerca pan-europea KM3NeT, che ha l’obiettivo finale di espandere il rivelatore con ulteriori duecento strutture di rivelazione, superando in tal modo la sensibilità del telescopio statunitense per neutrini IceCube (vedi Media INAF), operante nei ghiacci dell’Antartide.
“Il successo di oggi rappresenta un altro importante passo verso la costruzione di KM3NeT-Italia e quindi verso il completamento del nodo italiano dell’infrastruttura di ricerca europea”, commenta con soddisfazione Giacomo Cuttone, responsabile del progetto Km3NeT-Italia e direttore dei LNS.
Il progetto Km3NeT è stato finora in gran parte finanziato con fondi strutturali europei – per la parte italiana con fondi PON 2007-2013 -, ed è già inserito nella lista delle infrastrutture europee di ricerca selezionate dallo European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI).
L’operazione marina è iniziata con l’installazione della prima delle tre junction box che fungono da nodi per la comunicazione bidirezionale tra gli apparati sottomarini e la stazione di acquisizione dati di terra di Portopalo. Le junction box hanno anche la funzione di distribuire l’energia di alimentazione fornita agli apparati sottomarini. Sono stati inoltre posati e collegati i cavi di interconnessione tra gli strumenti in mare e il cavo elettro-ottico principale, che collega il sito posto a 100 km dalla costa. A seguire, è stata posata sul fondale e connessa alla junction box la torre nella sua configurazione compatta (di dimensioni e forma paragonabili a un container).
Una volta verificato il pieno funzionamento di tutti gli apparati si è impartito alla torre il comando di apertura, per mezzo di un robot sottomarino filo guidato (ROV). Il tiro della boa di profondità posta sulla sommità della torre ha consentito quindi al sistema di assumere la sua configurazione finale di lavoro: la torre è costituita da una sequenza verticale di quattordici travature reticolari di alluminio (piani) di 8 metri di lunghezza, ciascuna ospitante 6 sensori ottici e 2 acustici. I piani, interconnessi mediante cime in materiale sintetico, sono spaziati verticalmente fino a ottenere un’altezza totale della torre pari a circa 400 metri.
“Sia la progettazione e costruzione degli apparati, che le operazioni di installazione sono particolarmente complesse – spiega Mario Musumeci, coordinatore delle attività di integrazione – a causa dell’ambiente operativo particolarmente ostile: siamo a tre chilometri e mezzo di profondità sotto il livello del mare, senza opportunità di manutenzione dei sistemi”.