Usando l’osservatorio Arecibo (Porto Rico), il radiotelescopio non movimentabile più grande del mondo, due ricercatori italiani sono riusciti a rilevare il segnale emesso dall’idrogeno atomico a distanze mai raggiunte prima. Si tratta del debole segnale proveniente da galassie lontane 3 miliardi di anni luce dalla Terra: una distanza 500 milioni di anni luce maggiore rispetto al record precedente.
Il record porta il nome di Barbara Catinella e di Luca Cortese, ricercatori di base presso la Swinburne University in Australia i quali hanno trovato una popolazione unica di galassie che ospitano enormi riserve di idrogeno (il carburante necessario per mettere in moto la macchina della formazione di nuove stelle). I due ricercatori hanno utilizzato il radiotelescopio formato da un’antenna di 305 metri di diametro (il più grande con una singola apertura mai costruito) per misurare la presenza di questo gas (l’elemento conosciuto più abbondante dell’Universo) in circa 40 galassie a 3 miliardi di anni luce da noi: la quantità di idrogeno atomico rilevata si aggira tra i 20 e gli 80 miliardi di masse solari, cioè 10 volte di più rispetto alla riserva della Via Lattea. Queste galassie sono rare oggi, ma gli astronomi ritengono che fossero più comuni in passato, quando l’Universo era più giovane.
«L’idrogeno atomico è il carburante con cui si formano le stelle e quindi è un componente cruciale da studiare se vogliamo capire come si evolvono le galassie», ha detto la Catinella, alla guida dello studio che di recente è stato accettato per la pubblicazione su The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «A causa dei
limiti degli strumenti attuali, gli astronomi sanno ancora molto poco su quanto gas sia presente nelle galassie fuori dal nostro vicinato galattico», ha aggiunto. E proprio misurare il segnale di idrogeno atomico emesso da galassie lontane è uno degli obiettivi scientifici di quello che sarà il network di radiotelescopi più grande del mondo, lo Square Kilometre Array (SKA), che verrà costruito in Sudafrica e, per l’appunto, Western Australia e completato verso il 2020. Le osservazioni realizzate con Arecibo permettono agli astronomi di sbirciare in direzione di questa popolazione di galassie (100 volte più rare rispetto alla nostra) che sarà regolarmente studiata nei decenni futuri con SKA.
«Rilevare la radiazione emessa dall’idrogeno atomico in galassie così distanti è una vera sfida, non solo perché i segnali sono deboli, ma anche perché le loro frequenze radio sono simili a quelle riservate ai radar e ad altri dispositivi di comunicazione terrestre, che naturalmente generano segnali miliardi di volte più potenti rispetto a quelli cosmici che cerchiamo di misurare», ha spiegato Cortese. Catinella ha aggiunto che «il progetto è nato come un esperimento per verificare fino a che distanza fossimo capaci di di determinare il contenuto d’idrogeno atomico nelle galassie, ma i risultati ottenuti vanno ampiamente oltre le aspettative. Non solo siamo riusciti a rilevare il segnale radio trasmesso da queste galassie quando l’Universo aveva 3 miliardi di anni in meno, ma abbiamo scoperto che le loro riserve di gas sono enormi».
SKA sarà un network caratterizzato da un 1 km quadrato di area di raccolta, un grande campo di vista, un’estensione di alcune migliaia di chilometri, e tecnologie innovative per ricevitori, trasporto ed elaborazione del segnale e calcolo. Migliaia di grandi antenne e milioni di ricevitori radio ne faranno una straordinaria arma per studiare l’evoluzione dell’Universo, la gravità e la materia oscura e gli enigmatici e vasti campi magnetici. SKA lavorerà su un grande intervallo di frequenze con un miglioramento di 50 volte in sensibilità e di oltre 100 volte in velocità di osservazione del cielo, rispetto agli strumenti attuali.
Di passi da fare ce ne sono ancora molti, ma i ricercatori sono fiduciosi: «Si tratta di sistemi unici, ma abbiamo ancora molto lavoro da fare per capire come si sono formati e come evolveranno – ha aggiunto Cortese – Per esempio non è ancora chiaro perché in queste galassie la maggior parte dell’idrogeno atomico non si sia ancora trasformato in stelle. I precursori e le antenne di SKA riusciranno, in futuro, a risolvere questo mistero. Quello che è già chiaro – ha concluso – è che i loro enormi serbatoi di gas saranno in grado di alimentare il processo di formazione stellare per diversi miliardi di anni nel futuro».
Per saperne di più:
- Leggi lo studio pubblicato sull’arxiv: “HIGHz: A Survey of the Most HI-Massive Galaxies at z~0.2″, di Barbara Catinella e Luca Cortese
- Clicca QUI per visitare il sito di SKA (in inglese)
- Clicca QUI per visitare il sito di SKA (in italiano)