Le nane rosse sono le stelle predilette dagli astronomi a caccia di Terre abitabili per la loro grandissima diffusione nell’Universo, ma una ricerca appena pubblicata su Astrobiology suggerisce che molta parte dei pianeti che orbitano loro intorno potrebbero aver perso ogni possibilità di ospitare la vita, letteralmente arrostiti da una stella troppo calda che ne ha pesantemente condizionato lo sviluppo con temperature da urlo.
È Rodrigo Luger, giovane dottorando in astronomia presso la Washington University, il primo autore di una ricerca che si è concentrata su stelle di piccola massa, le nane rosse. Più piccole del Sole e decisamente meno luminose, hanno una fascia di abitabilità piuttosto a ridosso della stella, quanto basta a permettere la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie di un pianeta in orbita.
Le chance per la vita su una stella di questo tipo potrebbero comunque essere piuttosto scarse. Su MediaINAF ne abbiamo già parlato, quando lo scorso giugno i ricercatori dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) hanno confermato come le nane rosse potrebbero spazzare, con i suoi brillamenti, l’atmosfera di un qualsiasi esopianeta che gli orbiti abbastanza da presso da poter essere considerato abitabile.
A rincarare la dose ci ha pensato la ricerca dell’Università di Wahington, le cui simulazioni a computer suggeriscono che acqua e atmosfera nell’orbita vicina di una nana rossa vengano vaporizzate quando ancora gli esopianeti stanno completando la loro formazione.
«Tutte le stelle si formano nel crollo di una nube gigante di gas interstellare, che libera energia sotto forma di luce. A causa della loro massa inferiore le nane rosse richiedono tempi più lunghi per collassare completamente. Centinaia di milioni di anni in più», spiega Luger. «I pianeti in orbita attorno a questo genere di stelle si formano invece in una decina di milioni di anni, quando le stelle al centro del Sistema planetario sono ancora estremamente luminose. E questo non si può dire sia un bene per l’abitabilità, anzi. Gli esopianeti hanno un inizio bollente, con temperature superficiali sufficienti a far bollire l’acqua degli oceani e vaporizzare l’intera atmosfera».
Grazie alla sua discreta distanza dal Sole e a un robusto campo magnetico, la Terra gode di un gradevole effetto serra, è protetta da brillamenti e intemperie spaziali, tutte condizioni necessarie per trovare la vita anche su pianeti esterni al nostro Sistema. Secondo la ricerca dell’Università di Washington la vita nell’Universo, per come la conosciamo, diventa ancora più difficile trovarla se i sistemi stellari di nane rosse corrispondono all’80% delle stelle presenti nell’Universo conosciuto.
E le brutte notizie non finiscono qui. Le nane rosse emettono anche un sacco di radiazione X e ultravioletta, capace di surriscaldare la parte superiore dell’atmosfera di un pianeta a temperature di migliaia di gradi provocando un’espansione dei gas così rapida da disperderne la più parte nello spazio. A lungo andare gli UV sono in grado di separare la molecola dell’acqua nelle sue componenti atomiche. L’idrogeno sale in quota, leggerissimo. L’ossigeno si ferma a quote più basse compromettendo, per eccessiva abbondanza (10 volte la norma), l’origine della vita.
Leggi l’articolo su http://arxiv.org/abs/1411.7412