Una nuova super-Terra. E’ quella trovata da un team internazionale di astronomi, degli Stati Uniti, Italia, Svizzera, Gran Bretagna, Canada e Portogallo, diretto da Andrew Vanderburg di Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) usando i dati raccolti durante le osservazioni di test della missione K2, durate 9 giorni nel Febbraio 2014.
Per quattro anni il telescopio spaziale Kepler ha osservato in modo continuo la stessa regione di cielo, cercando fluttuazioni piccolissime della luminosità di oltre 150000 stelle, dovute al transito di pianeti davanti ad esse. Le osservazioni di Kepler hanno rivoluzionato la ricerca degli esopianeti, con la scoperta fino ad oggi di almeno 1000 pianeti confermati, ed oltre 3200 candidati.
Nel Maggio 2013, mentre una buona parte dei dati Kepler doveva ancora essere analizzata, il secondo dei quattro giroscopi si è danneggiato. L’elevatissima accuratezza nella misura della luminosità stellare caratteristica di Kepler è ottenuta con un sistema di puntamento molto preciso, che richiede l’utilizzo di almeno tre giroscopi. Così quando si ruppe il secondo, mettendo fine alla missione originaria di Kepler, in molti pensarono che sarebbe stata la fine dell’utilizzo del satellite.
Niente più lontano dalla realtà! I ricercatori e ingegneri non hanno voluto rinunciare a un utilizzo alternativo del telescopio spaziale. Così progettarono una missione alternativa, in cui il satellite avrebbe osservato parecchie regioni lungo l’eclittica, con l’aiuto della pressione della radiazione solare per controllare il puntamento insieme ai giroscopi sopravvissuti.
La nuova missione fu chiamata K2, e il suo compito era di continuare le ricerche di Kepler dei pianeti extrasolari, e di osservare ammassi stellari, galassie attive e supernove.
E Kepler ha mantenuto le promesse! La conferma viene dalla scoperta e caratterizzazione del primo pianeta dalla “seconda vita” di Kepler, K2. Dato che le capacità di puntamento di Kepler sono ridotte, per estrarre dati accurati, è necessaria un’analisi molto sofisticata. Vanderburg e i suoi colleghi hanno sviluppato un software specializzato per correggere i movimenti del satellite, riuscendo ad ottenere una precisione che è circa la metà di quella della missione Kepler originaria. Analizzando i dati si sono così accorti che Kepler aveva osservato un transito planetario. Altri transiti sono stati poi rivelati in modo meno evidente con il satellite MOST (Microvariability and Oscillations of STars ).
“Avevamo bisogno di una conferma autorevole di questo risultato, come quella che solo HARPS-N sa offrire”, afferma soddisfatto Emilio Molinari, direttore del Telescopio Nazionale Galileo (TNG) a La Palma, Isole Canarie, dove lo strumento HARPS-N è montato.
“Le misure estremamente precise di HARPS-N confermano che si tratta proprio di un pianeta e ci danno anche preziose informazioni sulle sue proprietà come massa e densità”, aggiunge Molinari.
Il team ha determinato le velocità radiali del sistema planetario HIP116454 dalle osservazioni di HARPS-N ottenute fra Luglio e Settembre 2014. Il nuovo pianeta HIP 116454b, ha un diametro di 32200 km, due volte e mezzo la dimensione della Terra, e HARPS-N ha mostrato che la sua massa è circa dodici volte quella della Terra. Questo rende HIP 116454b una super-Terra, una classe di pianeti che non esiste nel nostro sistema solare. La densità media suggerisce che il pianeta è un mondo di “oceano” (costituito per tre quarti di acqua e un quarto di roccia) o un mini-Nettuno con un’atmosfera gassosa estesa. Gli astronomi predicono una temperatura del pianeta vicina a 400 gradi centigradi.
HIP 116454b ha un periodo orbitale di 9.1 giorni e quindi orbita a circa 13.5 milioni di km dalla sua stella, 11 volte più vicino della distanza Terra-Sole. La stella centrale, HIP 116454, è una stella arancione, un po’ più piccola del sole, nella costellazione dei Pesci a circa 180 anni luce da noi.
“HARPS-N ha già scoperto e caratterizzato molti pianeti extrasolari, ma siamo particolarmente felici per HIP116454b perché questo è il primo pianeta confermato della nuova vita di Kepler” dice Giampaolo Piotto, astronomo dell’Università di Padova e coautore del lavoro. L’articolo scientifico con la scoperta è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal.