Dieci anni fa, il 14 gennaio del 2005, la sonda Cassini, frutto della collaborazione di tre agenzie spaziali, NASA, ESA e ASI, paracadutava sulla luna di Saturno, Titano, la sonda Huygens. Questa attraversava la densa atmosfera del satellite, fornendo le prime immagini di quel mondo, che molto ricorda il pianeta Terra nella sua primissima fase iniziale, quando ancora il metano e l’attività vulcanica caratterizzavano la sua atmosfera e la sua superficie.
La discesa della sonda durò circa due ore prima di toccare il freddo suolo di Titano, dal quale continuò a trasmettere per ancora un’ora prima che le batterie si esaurissero. Anche a bordo di Huygens, come per Cassini, non mancava strumentazione italiana. H-ASI si chiamava infatti lo strumento sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana destinato a misurare le proprietà fisiche dell’atmosfera e della superficie di Titano.
Huygens è il primo oggetto umano, l’unico al momento, atterrato su uno dei satelliti dei pianeti che caratterizzano il sistema solare esterno. Parte integrante di una missione, la Cassini-Huygens, che, lanciata nel 1997, entrò nel sistema di Saturno nell’estate del 2004 per i previsti quattro anni di studio. Da allora ne sono passati più di dieci e la sonda Cassini continua a regalarci preziose informazioni sul pianeta degli anelli e le sue numerose e fredde lune.
«Eravamo tutti a Darmastadt – ricorda Enrico Flamini coordinatore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana – aspettando i dati per le lunghe tre ore, o poco più, nelle quali la High Gain Antenna doveva puntare verso Titano ed aspettare che il trasmettitore di Huygens iniziasse, dopo l’apertura del secondo paracadute, a trasferire i dati acquisiti durante la discesa a Cassini. Solo alla fine dell’intera missione di Huygens, quando Cassini era ormai oltre l’orizzonte di Titano visto da Huygens. L’HGA fu ripuntata verso la Terra e tutti i dati memorizzati furono trasmessi. In quel momento ero con il team di H-ASi, non con il mio cappello di program manager, ma come co-investigator tutti incollati davanti ai nostri schermi, ad iniziare dal PI Marcello Fulchignoni, osservando i dati che arrivavano da un modo fino ad allora sconosciuto».
«Sono passati dieci anni da quel giorno – conclude Flamini – che ha segnato la storia dell’esplorazione planetaria. Cassini continua da allora ad osservare Satuno, Titano Enceldo e le altre lune interne, stiamo osservando come le stagioni stiano modificando l’estensione dei laghi di metano, di cui siamo stati in grado di determinare perfino la profondità, abbiamo determinato l’esistenza di un oceano sotto la superficie ghiacciata di Titano, ma i dati acquisti da Huygens durante le 2 ore e mezzo della sua vita sono e resteranno il riferimento per le future generazioni sulla situazione in situ dell’atmosfera e la superficie».
Il video della NASA per i dieci anni di Huygens