Pianeti in provetta ricreati in laboratorio. Penserete che non sia possibile, invece un gruppo di ricercatori ha documentatoo l’esperimento in uno studio pubblicato sulla rivista Science. Marius Millot, un fisico del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) e alcuni colleghi della Bayreuth University (Germania), del LLNL e dalla Berkeley University of California, hanno usato la compressione laser per riprodurre in laboratorio condizioni tali da riprodurre la formazione – sintetica ovviamente – delle super-Terre (pianeti rocciosi) e dei Giganti gassosi (pianeti gioviani). Gli esperti hanno documentato le proprietà dei materiali che dovrebbero trovarsi all’interno dei nuclei dei pianeti in via di formazione ed evoluzione.
Gli esperimenti mostrano le inusuali proprietà del silice, componente fondamentale delle rocce (e quindi dei pianeti rocciosi come la Terra, Marte, Venere e Mercurio), a contatto con una pressione e temperature estreme – proprio come quelle che troveremmo se ci trovassimo all’interno del nucleo di un pianeta appena nato. Usando la compressione laser e una diagnostica super veloce Millot e il team di lavoro sono riusciti a misurare la temperatura di fusione della silice a 500 GPa (giga pascal) o 5 milioni di atmosfere, una pressione paragonabile a quella che si trova al confine tra nucleo e mantello di una super-Terra (5 masse terrestri), di Urano e di Nettuno. Il ricercatore ha spiegato: «Nelle profondità dei pianeti troveremmo una pressione e temperature tali da modificare drasticamente le proprietà dei materiali costitutivi. La chiave è capire quanto calore possono sostenere dei solidi prima di fondere sotto la forza della pressione. Solo così si può arrivare a determinare la struttura interna di un pianeta e la sua evoluzione. Ora siamo in grado di misurare tutto questo direttamente in laboratorio».
Questi progressi sono stati resi possibili grazie a nuove tecniche per la crescita dei cristalli ad alta pressione sviluppate alla Bayreuth University in Germania. Natalia Dubrovinskaia e i suoi colleghi sono riusciti a sintetizzare policristalli trasparenti di dimensioni millimetriche e cristalli singoli di stishovite, un modulo ad alta densità di silice (SiO2) che di solito si trovano in quantità minime solo vicino ai crateri formati dall’impatto dei meteoriti. È proprio con questi cristalli che Millot ha condotto il primo studio di compressione laser sulla stishovite utilizzando le tecniche della pirometria ottica ultraveloce e della velocimetria presso l’Omega Laser Facility il Laboratory for Laser Energetics dell’Università di Rochester.
I nuovi dati, combinati anche con indagini sulla fusione di ferro e altri minerali, indicano che i silicati nel mantello e il nucleo di metallo hanno pressioni di fusione che oltrepassano i 300-500 GPa, suggerendo che i grandi pianeti rocciosi possono avere oceani di magma – che è roccia fusa – nelle loro profondità. La ricerca ha anche fatto emergere che che la silice è probabilmente solida all’interno dei nuclei di Nettuno, Urano, Saturno e Giove, il che potrebbe cambiare i modelli sull’evoluzione di questi pianeti.
Millot ha poi sottolineato che «la stishovite, essendo molto più densa del quarzo o della silice fusa, resta più fredda quando riceve la scossa laser, il che ci ha permesso di misurare la temperatura di fusione ad una pressione molto più alta». E ha aggiunto: «La compressione dinamica di materiali planetari è un campo molto interessante in questo momento».
Insomma, i ricercatori non smettono mai di indagare sulla nascita e formazione del nostro Sistema solare e di altri sistemi planetari. Ogni giorno i telescopi orbitanti o quelli a terra portano a casa nuove scoperte, pianeti che con qualche remota probabilità potrebbero anche essere abitabili e avere caratteristiche simili a quelle della Terra. Riproducendo in in laboratorio le condizioni estreme dei nuclei dei pianeti giganti, Millot e colleghi cercano di contribuire ad una migliore comprensione della formazione della Terra spiegando l’origine della vita.
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