Se il primo boccone di polvere marziana assaggiato da Curiosity qualche mese fa aveva un deciso retrogusto di ematite, la seconda degustazione di finissima polvere del Monte Sharp ha lasciato al rover della NASA un po’ di acido in bocca. Curiosity ha raggiunto la base del Monte Sharp cinque mesi fa dopo lungo peregrinare, prelevando un campione di suolo da un sito denominato “Confidence Hills”. La scorsa settimana il trapano del grande robot marziano è entrato di nuovo in funzione, su una roccia stratificata chiamata “Mojave 2”. Una prima analisi sui minerali che compongono il campione, effettuata con lo strumento CheMin all’interno di Curiosity, mostra una notevole quantità di jarosite, un minerale ossidato contenente ferro e zolfo che si forma in ambienti acidi.
«La nostra valutazione iniziale di quest’ultimo campione indica che contiene molta più jarosite rispetto al campione di Confidence Hills», ha detto David Vaniman, del Planetary Science Institute di Tucson, Arizona, vice responsabile dello strumento CheMin. In altri termini, i minerali di Mojave 2 si sono formati in presenza di acque più acide rispetto a Confidence Hills. Gli scienziati non possono ancora dire se fossero acque che permeavano l’ambiente in cui si sono depositati i sedimenti da cui è costituito il rilievo, oppure un fluido che ha imbevuto il sito in seguito.
Entrambi i siti campionati da Curiosity si trovano in un affioramento chiamato “Pahrump Hills”, un frammento esposto della formazione Murray, l’unità geologica di base del Monte Sharp. Il team della missione Curiosity ha già proposto l’ipotesi che la genesi di questa montagna sia dovuta a sedimenti depositati in una serie ripetuta di riempimenti ed essiccazioni di bacini lacustri.
Nei mesi trascorsi tra una trapanazione e l’altra, il laboratorio itinerante di una tonnellata ha scorrazzato su e giù per il promontorio di Pahrump Hills, puntando telecamere e spettrometri su siti di possibile interesse. Il team ha scelto un obiettivo chiamato “Mojave”, principalmente per l’abbondanza di granellini, leggermente più piccoli di chicchi di riso, visibili sulla superficie della roccia. I ricercatori hanno cercato di determinare se questi granelli siano cristalli del sale di qualche minerale, come quelli che potrebbero derivare da evaporazione o essiccazione di un lago, o se hanno qualche altra composizione.
Il vero protagonista di questo campionamento è il trapano di Curiosity, anzi il software che lo governa, su cui vale la pena di spendere qualche parola. Il trapano, che è poi essenzialmente uno scalpello, ha sei impostazioni del livello di percussione, che variano dal “picchiettare delicatamente” allo “sbattere energicamente”, il tutto a 30 volte al secondo. Il trapano è in grado di controllare a quale velocità sta penetrando nella roccia e regola di conseguenza, in modo autonomo, il suo livello di percussione. Mentre le precedenti perforazioni sono iniziate a livello 4 e hanno utilizzato un algoritmo che tendeva a rimanere a quel livello, la rottura della roccia al primo tentativo nel sito Mojave ha reso necessario un aggiornamento del software di perforazione. Il nuovo cauto algoritmo inizia a livello uno, poi si sposta a un livello superiore soltanto se i progressi nella foratura risultano troppo lenti. La roccia di Mojave 2 è così morbida che il trapano ha raggiunto la sua piena profondità a 6,5 centimetri in 10 minuti utilizzando solo i livelli uno e due dell’energia di percussione.
Mentre il fuoristrada marziano compiva tutte queste manovre, dall’alto lo teneva d’occhio il fratello alato, la sonda NASA Mars Reconnaissance Orbiter. Ecco come appare dall’orbita Curiosity al lavoro tra le aride colline di Pahrump.