ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI

Come sta il mare? Chiedi al satellite

Utilizzare i satelliti per monitorare l’acidificazione degli oceani: uno studio internazionale, in cui è coinvolta anche l’Agenzia Spaziale Europea, è destinato a rivoluzionare il modo in cui biologi marini e climatologi studiano la salute delle acque marine

     17/02/2015
Una mappatura completa del grado di alcalinità degli oceani, ottenuta grazie ai dati raccolti dai satelliti nell’orbita terrestre. Crediti: Ifremer / ESA / CNES.

Una mappatura completa del grado di alcalinità degli oceani, ottenuta grazie ai dati raccolti dai satelliti nell’orbita terrestre. Crediti: Ifremer / ESA / CNES.

Lo studio è appena stato pubblicato su Environmental Science and Technology, porta la firma di un team internazionale di ricercatori – Università di Exeter, Plymouth Marine Laboratory, Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer (Ifremer) e Agenzia Spaziale Europea – e promette di rivoluzionare il modo in cui biologi marini e climatologi studiano la salute dei nostri oceani. Per garantire un monitoraggio a distanza di masse d’acqua tanto gigantesche quanto inaccessibili esiste una soluzione: possiamo affidarci agli occhi tecnologici che scrutano il pianeta dall’orbita terrestre, a 700 chilometri sopra le nostre teste.

«I satelliti sono destinati a occupare un posto sempre più importante nel monitoraggio dell’acidificazione delle distese d’acqua che ricoprono il nostro pianeta», spiega Jamie Shutler, ricercatore dell’Università di Exeter e fra i firmatari dell’articolo. «Soprattutto per ciò che riguarda quelle regioni remote e complicate da raggiunge come l’Artide. Con i satelliti è tutto più semplice, veloce, e possiamo individuare le aree a rischio in tempo reale».

Ogni anno più di un quarto delle emissioni globali di anidride carbonica finisce negli oceani terrestri. Con il risultato di una progressiva acidificazione delle acque, che spesso ha conseguenze tragiche per più di una specie marina.

Attualmente la misurazione di temperatura e salinità degli oceani, per determinare l’acidità delle acque marine, è limitata a strumenti in situ e dati raccolti da imbarcazioni che ospitano strumenti scientifici e ricercatori all’opera. Un approccio che di fatto confina i prelievi a piccole aree, senza parlare dei costi di gestione che necessita una nave da ricerca per essere gestita e utilizzata.

Termocamere e sensori a microonde montati sui satelliti di ultima generazione possono invece essere utilizzati con facilità per misurare temperatura e salinità ovunque con un abbattimento della spesa significativo. Tecnologia che aiuta. E sono tanti i satelliti che già possono fornire informazioni utili: è il caso del Soil Moisture and Ocean Salinity (SMOS), la sentinella ambientale lanciata da ESA nel 2009 e che analizza salinità degli oceani e umidità del suolo. Ma anche NASA ha il suo occhio ecologico sul sistema Terra: si chiama Aquarius ed è in orbita dal 2011.