Mai come adesso è possibile conoscere nel dettaglio la composizione chimica della superficie di Mercurio grazie, soprattutto, a due recenti studi condotti dal team scientifico che lavora alla missione MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging) della NASA. I ricercatori sono riusciti a creare delle mappe su scala globale che rivelano caratteristiche geochimiche in precedenza non rilevate, come grandi terrane che hanno composizioni diverse dal loro ambiente circostante. E la presenza di queste grandi regioni ha implicazioni importanti per studiare la storia del pianeta.
La sonda è stata lanciata nel 2004 per rispondere a diversi e importanti quesiti scientifici, tra cui la storia geologica di Mercurio. La sonda è arrivata sull’orbita del primo pianeta del Sistema solare nel marzo 2011 e da allora i dati dall’X-Ray Spectrometer (XRS) e dal Gamma-Ray Spectrometer (GRS) hanno fornito informazioni sulla concentrazione di potassio, torio, uranio, sodio, cloro e silicio, nonché dati relativi al siliciuro di magnesio, alluminio, zolfo, calcio e ferro.
Fino ad oggi, però, le mappe geochimiche per questi elementi si sono limitate ad analizzare un solo emisfero e comunque con una scarsa risoluzione. In uno dei due nuovi studi, “Evidence for geochemical terranes on Mercury: Global mapping of major elements with MESSENGER’s X-Ray Spectrometer” pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, gli autori hanno usato un metodo nuovo per la produzione di mappe globali sul rapporto di abbondanza tra magnesio/silicio e alluminio/silicio sulla superficie di Mercurio.
Quelle ottenute dai ricercatori sono le prime mappe geochimiche globali di Mercurio acquisite tramite la tecnica della fluorescenza a raggi X, con la quale i raggi X emessi dall’atmosfera del Sole consentono di esaminare la composizione della superficie del pianeta. Le mappe globali di magnesio ed alluminio sono state abbinate alle informazioni meno complete sui rapporti di abbondanza zolfo/silicio, calcio/silicio e ferro/silicio. Dalle mappe che sono state create si può evincere che il complesso geochimico più evidente copre più di 5 milioni di chilometri quadrati e presenta i rapporti più alti osservati in magnesio/silicio, zolfo/silicio e calcio/silicio, così come il rapporto alluminio/silicio più basso sulla superficie del pianeta, ha spiegato Shoshana Weider, geologo planetario e Visiting Scientist presso il Carnegie Institution, nonché primo autore di questo studio. Lui e i suoi colleghi suggeriscono che questa “regione ad alto contenuto di magnesio” potrebbe essere un antico bacino nato da un impatto e ciò vorrebbe dire che la sua firma chimica distintiva rifletterebbe in gran parte la composizione del mantello esposto durante la collisione.
Il secondo studio, “Geochemical terranes of Mercury’s northern hemisphere as revealed by MESSENGER neutron measurements” pubblicato sulla rivista Icarus, mostra le prime mappe dell’assorbimento dei neutroni a bassa energia su tutta la superficie del pianeta. I dati di questa ricerca sono stati ottenuti con lo strumento GRS, che è sensibile alle emissioni di neutroni dalla superficie di Mercurio. «Da queste mappe possiamo desumere la distribuzione degli elementi-termico-neutronici che vengono assorbiti in tutto il pianeta, tra cui ferro, cloro e sodio», ha scritto l’autore principale di questo studio Patrick Peplowski del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory. «Questa informazione è stata combinata con altre misure geochimiche provenienti da MESSENGER, comprese le nuove misurazioni effettuate con XRS, per identificare e mappare quattro terrane geochimiche distinte su Mercurio».
Secondo Peplowski i risultati indicano che le lisce pianure nel bacino Caloris (che è un grande cratere da impatto sul pianeta) hanno una composizione distinta dalle altre pianure vulcaniche di quella zona (da qui il termina terrane), suggerendo che i magmi inizialmente erano solo parzialmente fusi. La regione ad alto magnesio su Mercurio, di cui si parla anche nell’altro paper, invece, presenta elevate concentrazioni di elementi non identificati di assorbimento neutronico.
«I dati MESSENGER raccolti precedentemente hanno dimostrato che la superficie di Mercurio è stata modellata dall’attività vulcanica”», ha aggiunto Peplowski. «Il magma eruttato tempo fa proveniva dalla parziale fusione del mantello di Mercurio. Le differenze nella composizione che stiamo osservando in diverse regioni geochimiche indicano che il pianeta ha un manto chimicamente eterogeneo». Weider ha poi sottolineato: «Le mappe realizzate con XRS e GRS forniscono una nuova dimensione alla nostra conoscenza della superficie di Mercurio. Le regioni che che stiamo osservando non sono state identificate prima sulla base della riflettività spettrale o della cartografia geologica».
Larry Nittler, Vice Principal Investigator della missione e co-autore di entrambi gli studi, ha aggiunto: «La crosta che osserviamo su Mercurio si è formata principalmente più di tre miliardi di anni. «La variabilità chimica osservata da MESSENGER fornirà vincoli sugli sforzi futuri per modellare e comprendere la composizione di Mercurio e gli antichi processi geologici che hanno modellato il mantello del pianeta e la crosta».
Per saperne di più:
Leggi qui il due studi: “Evidence for geochemical terranes on Mercury: Global mapping of major elements with MESSENGER’s X-Ray Spectrometer”, di Shoshana Z. Weider et al., “Geochemical terranes of Mercury’s northern hemisphere as revealed by MESSENGER neutron measurements”, di Patrick N. Peplowski et al.