L’Arabia Terra su Marte, così denominata da Giovanni Schiaparelli nel XIX secolo per qualche ravvisata similitudine con la penisola arabica terrestre, è un altopiano nell’emisfero settentrionale marziano, fittamente ricoperto di crateri e fortemente eroso. Caratteristiche che lo denotano come molto vecchio, e in effetti gli scienziati ritengono che sia uno dei terreni del Pianeta Rosso che hanno avuto origine in epoca più antica.
Un gruppo di geologi, molti dei quali italiani, hanno analizzato una serie di sedimenti nell’Arabia Terra, giungendo alla conclusione che tali strati si sono molto probabilmente formati in presenza di acque freatiche. I ricercatori, guidati da Monica Pondrelli della International Research School of Planetary Sciences, all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, hanno pubblicato il resoconto delle loro studio sulla rivista GSA Bulletin.
Come sulla Terra, anche su Marte le rocce disposte a strati possono avere diverse origini: vulcani, acqua, vento. Con l’occhio del geologo, Pondrelli e colleghi hanno esaminato i depositi stratificati (detti ELD, Equatorial Layered Deposits) di Arabia Terra nella zona del cratere Firsoff, per cercare di definire le loro geometrie, la loro età a la loro composizione.
«Gli ELD sono dei depositi stratificati chiari (ovvero ad alta albedo) presenti in varie zone di Marte», spiega Pondrelli a Media INAF. «Noi ci siamo concentrati su quelli di una zona chiamata Arabia Terra, dove questi depositi sono presenti dentro e fuori dai crateri, con morfologie differenti. Dentro ai crateri formano dei rilievi anche di diversi chilometri di spessore. Si tratta di depositi contenenti solfati, equivalenti come età ad altri depositi simili trovati in varie zone di Marte, risalenti a 3-3,5 miliardi di anni fa. La forma che assumono questi depositi dentro i crateri lascia pensare che si siano formati a seguito della fuoriuscita di acqua dal sottosuolo, avvenuta lungo fratture e attraverso vulcanetti. Fuori dai crateri, invece, i depositi sono un po’ diversi, più a forma di dune».
Il gruppo di ricerca ha interpretato lo scenario dei depositi dentro i crateri come controllato dalla presenza d’acqua di falda che, raggiunta la superficie, evapora, depositando i sali minerali in essa contenuti. Questo fenomeno di sedimentazione avverrebbe più facilmente all’interno dei crateri a causa della loro profondità, che li avvicina alla falda acquifera, mentre fuori dai crateri la precipitazione di minerali sarebbe decisamente più limitata, simile a quella che sulla Terra avviene negli ambienti sedimentari desertici modellati dal vento, con la formazione di dune o di depositi pianeggianti (le cosiddette playa).
«Questo comporterebbe quindi”, aggiunge Pondrelli, “la presenza di una o più falde ricche in acqua al momento della formazione di questi strati. In questa specifica fase della storia di Marte, perlomeno nella zona in analisi, non si riscontra la presenza di fiumi, laghi od oceani alimentati da acqua piovana, ma di acqua che proviene dal sottosuolo e rimane in superficie per breve tempo».
In conclusione, Pondrelli nota come in depositi sedimentari simili sul nostro pianeta, formatisi in presenza di un ciclo idrogeologico a temperature superficiali sopra lo zero, siano stati trovati resti riferibili ad attività batterica. Questo potrebbe anche significare nulla, conclude la ricercatrice, ma certamente vale la pena di investigare più a fondo. Non a caso, la zona del cratere Firsoff è nella lista dei possibili obbiettivi per una futura missione su Marte.
Referenze:
Equatorial layered deposits in Arabia Terra, Mars: Facies and process variability, di M. Pondrelli et al., GSA Bulletin