All’interno del programma GAPS (Global Architecture of Planetary Systems), che si occupa della caratterizzazione dei sistemi planetari grazie allo spettrografo HARPS-N montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG), un team di astronomi guidati da Francesco Borsa, dell’INAF di Brera, ha «fatto visita a una vecchia conoscenza».
Si tratta del sistema planetario, identificato ancora nel 1996, Tau Bootis, situato a 50 anni luce da noi e composto da un sistema stellare binario (Tau Bootis A e Tau Bootis B) e da un pianeta (Tau Bootis b) che ruota attorno alla componente A del sistema.
Il pianeta in questione è, nella famiglia degli esopianeti, definito come un super Giove caldo. Esso ha, infatti, una massa circa 6 volte quella gioviana, ruota in circa 3 soli giorni attorno alla stella ospite, con una distanza da essa pari a circa un ventesimo della distanza Terra-Sole! Un pianeta, quindi, molto diverso da quelli presenti nel nostro Sistema Solare ma non per questo meno importante.
Gli astronomi sono, infatti, ancora lontani dall’avere un quadro completo sulla formazione dei sistemi planetari, si tratta di un puzzle a cui mancano ancora molti tasselli e per questo è fondamentale indagare sempre meglio i sistemi già noti e cercarne di nuovi per avere una casistica completa.
Raccogliere informazioni dettagliate su tutte le tipologie di sistemi finora osservati è quindi una sfida sempre aperta da affrontare con strumentazioni avanzate come HARPS-N, ma anche con strategie osservative nuove. Ed è ciò che ha fatto il gruppo di ricerca GAPS, il cui capofila Francesco Borsa ci ha spiegato che l’aspetto più importante di questo nuovo lavoro è proprio quello di aver messo a punto un procedimento osservativo che consiste nel sommare tanti spettri consecutivi dello stesso oggetto ottenuti da esposizioni molto brevi. Questo si può fare perché l’oggetto è molto brillante e, al tempo stesso, la brevità delle singole esposizioni ha permesso di avere una serie di spettri non saturati, cosa che sarebbe invece avvenuta con esposizione prolungata. Alla fine di questo processo si ottengono dei dati molto precisi e temporalmente molto ravvicinati, ricchi d’informazione sulla stella, con un altissimo rapporto segnale-rumore in tutte le regioni dello spettro. E tutto ciò senza dover sottrarre nulla all’osservazione.
Quello che si è andato a indagare è se ci sia o no correlazione tra l’attività magnetica della stella ospite e la presenza del pianeta. Si pensa che pianeti come Tau Bootis b, molto massici e con orbite molto strette, debbano in qualche modo influenzare l’attività stellare. Essendo il periodo orbitale del pianeta di circa 3 giorni ci si aspettava quindi di rilevare una variazione nell’attività magnetica della stella con la stessa cadenza. Ciò si può fare misurando il variare dell’emissione di alcune righe del Calcio ionizzato. Come spiega Gaetano Scandariato, dell’INAF di Catania, co-autore dell’articolo, la variazione sembra esserci, ma è molto piccola, e un confronto con gli studi precedenti non consente di stabilire con certezza se la variazione osservata sia legata all’interazione con il pianeta. La tecnica sviluppata si è però rivelata efficace, e può essere quindi estesa a sistemi meno brillanti ma con orbite più eccentriche.
Gli spettri temporalmente molto ravvicinati sono stati usati per fare asterosismologia, quel settore dell’astrofisica cioè, che osserva e interpreta la variazione della luminosità delle stelle causata dal propagarsi di onde “sismiche” al loro interno e sulla loro superficie. Questo, analogamente ai geologi che ricavano dai terremoti informazioni sulla struttura interna della Terra, permette agli astronomi di ricavare dati importanti sulla struttura interna delle stelle. Grazie ai risultati ottenuti è stato inoltre possibile sviluppare dei modelli che hanno permesso di avere, per la prima volta, una buona stima dell’età della stella, che risulta essere giovane avendo “solo” 900 milioni di anni. L’età delle stelle è un parametro fondamentale per capire l’evoluzione dei sistemi planetari.
Si è migliorata inoltre di molto la conoscenza di altri parametri della stella principale, quali la massa, raggio, temperatura e altri ancora: questo ha permesso, conseguentemente, di migliorare anche la conoscenza dei parametri del pianeta, arrivando a ottenere una misura della sua massa con una precisione del 3%. Altro risultato importante di questo lavoro è la determinazione dell’accelerazione della compagna stellare di Tau Bootis A, che risulta muoversi su un orbita molto eccentrica e che raggiungerà la minima distanza dalla compagna intorno al 2030. Questo lavoro, quindi, mette in luce un aspetto importante, più generale e non così ovvio ai “non addetti ai lavori”, di questo giovane campo della ricerca astrofisica.
Acquisire sempre maggiore conoscenza delle stelle ospiti, con valori sempre più accurati e metodologie innovative come in questo caso, permette di caratterizzare sempre meglio i sistemi planetari noti. C’è poi anche il fatto che il poter osservare tali sistemi a distanza di anni (quasi 20 in questo caso), permette confronti e verifiche importanti per comprendere fenomeni che avvengono in tempi scala così lunghi da non poter essere in alcun modo riprodotti in laboratorio.
La strada è ancora lunga quindi ma, proprio grazie a progetti osservativi come GAPS, si stanno compiendo importanti passi verso una conoscenza approfondita dei sistemi planetari, della loro formazione ed evoluzione. Che il lavoro continui!