E’ davvero un momento magico, per l’astronomia galattica. Il satellite Gaia è la realizzazione di un sogno coltivato fin da Ipparco nel secondo secolo a.C., ovvero disporre di una cartografia stellare estesa e precisa con un grado di dettaglio senza precedenti: questo sarà fondamentale per fare luce sulla storia della formazione stellare in un ambiente incredibilmente complesso, come quello di una grande galassia a spirale quale la nostra. Uno strumento fondamentale a bordo della sonda è lo spettrofotometro BP/RP: grazie alla sua presenza, per ogni sorgente osservata Gaia fornisce spettri a bassa risoluzione attraverso due diversi prismi, uno per il canale “blu” (BP, 300-600 nm) a l’altro per il canale “rosso” (RP, 650-1000 nm).
Fondamentale, perché la spettrofotometria viene utilizzata per derivare i parametri astrofisici di ogni stella osservata, quali la temperatura, l’abbondanza di elementi pesanti e la gravità superficiale; parametri chiave per comprendere appieno la storia e l’evoluzione delle popolazioni stellari della nostra Galassia. Ma non basta. La spettrofotometria BP/RP viene anche utilizzata per correggere gli effetti di cromaticità presenti nelle osservazioni del campo astrometrico, ossia la dipendenza della posizione del centroide di una stella dalla tipologia spettrale della stella stessa. Pertanto un errore nell’estrazione dei flussi BP/RP influenza non solo il calcolo dei parametri astrofisici ma anche le misure della posizione della srtella, che poi è il vero cavallo di battaglia di Gaia!
Per tutto questo, lo sviluppo di un software che permetta di separare accuratamente i flussi sovrapposti è di importanza decisiva per la buona riuscita della missione. «Separare gli spettri blu e rossi in campi molto affollati è una sfida senza precedenti» spiega Luigi Pulone dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Roma. «Tanto che molte cose le abbiamo imparate direttamente sul campo».
Per fare la verifica del software, che dovrà girare sui supercomputer di Cambridge già per la fine dell’anno, ci si è cimentati con un insieme di stelle doppie ben noto. La figura mostra il risultato del codice applicato agli spettri blu e rosso della stella doppia HD270801, ed è una immagine che potremmo a buon diritto etichettare come “storica”, perché è il primo oggetto i cui spettri sono stati separati da Gaia.
Questa immagine si è meritata il titolo di “IMAGE OF THE WEEK” nel blog ESA dedicato alla missione.
«Il software, non a caso è sviluppato a Roma, luogo in cui negli anni si sono create competenze molto specifiche. Fin dai primi anni ’80, l’avvento delle CCD spinse alcuni ricercatori dell’area romana a creare procedure software specializzate per estrarre i segnali nel modo più accurato possibile, anche in presenza di campi stellari affollati, sviluppando software allora all’avanguardia». ci spiega Marco Castellani.
L’esperienza maturata nell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma sommata alle competenze dell’Asi Science Data Center (ASDC) ha portato alla realizzazione di un software originale specificamente dedicato. Quello che si è creato, dunque, possiede radici robuste ed antiche, con sofisticazioni moderne. Il codice minimizza la somma pesata della deviazioni tra lo spettro osservato e quello teorico, usando una rappresentazione “a componenti principali” delle forme spettrali. «La PCA (Principal Component Analysis) è una tecnica che permette di ridurre il numero di variabili in gioco. La cosa bella è che, utilizzando le componenti ricavate da tale tecnica, possiamo riprodurre con buona accuratezza una grande varietà di forme spettrali combinando linearmente poche forme di base, ossia le sopracitate componenti principali». spiega Giuliano Giuffrida (ASDC), che non nasconde la sua soddisfazione. «Vista la difficoltà oggettiva di questo lavoro, siamo molto contenti del risultato ottenuto».