L’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) dell’ESO in Cile ha rivelato un campo magnetico molto potente, molto più di tutti quelli finora trovati nel cuore delle galassie, vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nero supermassiccio. Questa nuova osservazione aiuta gli astronomi a capire la struttura e la formazione dei massicci abitanti del centro delle galassie e i getti gemelli di plasma ad alta velocità che essi spesso emettono dai poli. I risultati saranno pubblicati sulla rivista Science.
I buchi neri supermassicci, spesso con masse miliardi di volte quella del nostro Sole, si trovano nel cuore di quasi tutte le galassie dell’Universo. In questi buchi neri può accrescere materia in enormi quantità per mezzo di un disco che li circonda. Mentre la maggior parte della materia cade sul buco nero, parte può sfuggire appena prima della cattura ed essere lanciata nello spazio a velocità vicine a quella della luce, sotto forma di un getto di plasma. Come questo accada è ancora un mistero, anche se si pensa che proprio i forti campi magnetici abbiano un ruolo cruciale nel processo, aiutando la materia a sfuggire dalle fauci spalancate dell’oscurità.
Finora sono stati indagati solo deboli campi magnetici, lontani – fino a diversi anni luce – dai buchi neri. Campi magnetici molto più deboli sono stati trovati nelle vicinanze del buco nero supermassiccio, ma relativamente quieto, che si trova al centro della Via Lattea. Osservazioni recenti hanno anche svelato campi magnetici deboli nella galassia attiva NGC 1275, rivelati a lunghezze d’onda millimetriche.
In questo studio, invece, gli astronomi della Chalmers University of Technology e dell’Onsala Space Observatory in Svezia hanno usato ALMA per rilevare segnali direttamente legati a un forte campo magnetico molto vicino all’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio di una galassia lontana chiamata PKS 1830-211. Questo campo magnetico si trova esattamente nel luogo in cui la materia viene improvvisamente lanciata via dal buco nero sotto forma di getto.
L’equipe ha misurato la forza del campo magnetico studiando il modo in cui la luce è polarizzata, mentre si allontana dal buco nero. “La polarizzazione è una proprietà importante della luce e viene usata molto anche nella vita quotidiana, per esempio negli occhiali da sole o negli occhiali 3-D al cinema”, ha commentato Ivan Marti-Vidal, primo autore dell’articolo. “Quando viene prodotta in natura, la polarizzazione può essere usata per misurare i campi magnetici, poiché la luce cambia la sua polarizzazione quando attraversa un mezzo magnetizzato. In questo caso, la luce che vediamo con ALMA ha attraversato un materiale molto vicino al buco nero, una zona piena di plasma altamente magnetizzato”.
Gli astronomi hanno applicato ai dati ALMA una nuova tecnica di analisi da essi stessi sviluppata e hanno trovato che la direzione del piano di polarizzazione della radiazione che proviene dal centro di PKS 1830-211 era ruotata. I campi magnetici introducono la rotazione di Faraday, che fa ruotare il piano di polarizzazione in modi diversi a diverse lunghezze d’onda. Il modo in cui questa rotazione dipende dalla lunghezza d’onda ci dà informazioni sul campo magnetico nella regione. Queste sono le lunghezze d’onda più corte mai usate per questo tipo di studio, che permette di sondare le regioni molto vicine al buco nero centrale. Le osservazioni con ALMA sono state effettuate a una lunghezza d’onda efficace di circa 0,3 millimetri, mentre quelle precedenti a lunghezze d’onda radio molto più lunghe. Solo la luce di lunghezza d’onda millimetrica può sfuggire dalle regioni più vicine al buco nero, mentre le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore sono assorbite.
“Abbiamo trovato un chiaro segnale di rotazione del piano della polarizzazione, un segnale centinaia di volte superiore al più alto mai trovato nell’Universo”, ha concluso Sebastien Muller, co-autore dello studio. “La nostra scoperta è un balzo gigante in termini di frequenza di osservazione, grazie all’uso di ALMA, e in termini della distanza dal buco nero a cui viene sondato il campo magnetico – dell’ordine di alcuni giorni-luce dall’orizzonte degli eventi. Questi risultati, e gli studi futuri, ci aiuteranno a capire cosa stia realmente accadendo nell’immediata vicinanza di un buco nero supermassiccio”.
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