Venerdì 24 aprile il telescopio spaziale più famoso al mondo festeggia i venticinque anni di attività. Un quarto di secolo fatto di grandi successi, quelli ottenuti dalla ricerca astronomica e astrofisica grazie alle sue immagini. Non è un caso infatti che l’Hubble Space Telescope abbia più che duplicato le sue aspettive di vita. Quando è stato lanciato nel 1990 doveva essere operativo per dieci anni e invece ne festeggia 25.
Per l’occasione Media INAF dedica un numero pressocché monografico la telescopio Hubble, con un’editoriale di Monica Tosi, oggi vicepresidente dell’INAF che è stata membro ESA dello Hubble Space Telescope Time Allocation Committee e Users Committee. Racconteremo la sua storia e descriveremo anche il futuro con un articolo dedicato al James Webb Telescope, progetto al quale la comunità astronomica italiana guarda con molto interesse.
Annunciamo lo speciale pubblicando una nuova immagine ottenuta con Hubble e elaborata dal programma HST guidato dall’italiana Antonella Nota. Il team dei proponenti era tutto femminile (infatti il titolo del programma era WOW, women observing Westerlund). Oltre alla PI di italiane ci sono la stessa Monica Tosi ed Elena Sabbi che, dottorata a Bologna, da parecchi anni lavora allo Space Telescope Science Institute di Baltimora nel WFC3/NICMOS Team Lead, INS Division.
E proprio a lei abbiamo chiesto di commentare l’immagine: «Grandi ammassi stellari di pochi milioni d’anni sono molto comuni in altre galassie, ma molto rari nella Via Lattea. Westerlund 2 è uno degli ammassi più ricchi e con un’età di soli 2 milioni d’anni contiene ancora tutte le stelle più massicce. Grazie alla sua giovane età, l’ammasso conserva ancora memoria di dove si sono formate le sue stelle e ci fornisce un’opportunità unica di vedere come le stelle emergano da gigantesche colonne di gas e polvere. Le stelle più massicce e brillanti di Westerlund 2 sono state abbondantemente studiate con i telescopi da terra, ma la polvere aveva reso finora impossibile studiare le stelle di più piccola massa che costituiscono la maggior parte dell’ammasso. Grazie all’elevata risoluzione spaziale e alla sensibilità nel vicino infrarosso, Hubble ci ha permesso di osservare per la prima volta anche questa parte dell’ammasso, fornendoci un’importante indizio per capire come si formino gli ammassi stellari e cosa succederebbe a stelle come il nostro Sole (o più piccole) quando si trovano vicino a giganti 50-100 volte più grandi».
Vi lasciamo con una breve gallery di Hubble, non quella delle migliori dieci, anche se una vi appartiene, ma immagini collegate a ricerche articoli scientifici pubblicati da ricercatori INAF. Ogni immagine è linkata all’articolo che la riguarda: