Nel racconto della Genesi l’acqua arriva il secondo giorno, record d’allacciamento idrico a tutt’oggi imbattuto. Ma anche la Natura pare essersi data da fare. Stando ai conti di tre astronomi della Tel Aviv University, già un miliardo di anni dopo il Big Bang – o poco più – le nubi di gas che popolavano il denso universo dell’epoca ne erano gonfie. Più o meno quanto lo sono oggi. Una scoperta sorprendente, se solo pensiamo a quanto sia stato complicato mettere insieme la materia prima necessaria a fabbricare la preziosa molecola: perché se è vero che d’idrogeno – primo elemento a fare la sua comparsa insieme all’elio – se ne trovava ovunque sin dalle epoche più remote, un elemento relativamente pesante come l’ossigeno era una novità assoluta. Assoluta e rara: migliaia di volte più rara di quanto non sia oggi.
«Abbiamo studiato la chimica delle giovani nubi molecolari, contenenti mille volte meno ossigeno del nostro Sole», dice infatti uno dei tre autori dello studio, Avi Loeb, dello Smithsonian Center for Astrophysics di Harvard e della Tel Aviv University. «Siamo rimasti sorpresi nello scoprire che è possibile ottenere tanto vapore acqueo quanto ne osserviamo nella nostra galassia».
La “chimica” alla quale fa riferimento Loeb è una serie di 503 possibili reazioni a due corpi fra 56 combinazioni – atomiche, molecolari o ioniche – di idrogeno, elio, carbonio, ossigeno (appunto), zolfo e silicio. Reazioni simulate per ambienti a diversi livelli di metallicità (l’abbondanza d’elementi più pesanti d’idrogeno ed elio), in quanto il fattore di metallicità è andato crescendo nel corso del tempo, mano a mano che le reazioni nucleari all’interno delle stelle sintetizzavano elementi via via più pesanti.
Ebbene, dal modello messo a punto dai tre scienziati è emerso che, in nubi di gas a temperature attorno ai 300 K (circa 27 gradi centigradi), le reazioni che portano due atomi d’idrogeno a unirsi a uno di ossigeno potevano essere estremamente efficienti, e comunque abbastanza da compensare la scarsità d’atomi ossigeno. Permettendo così di assemblare quantità significative di molecole d’acqua nonostante la bassa metallicità dell’ambiente.
E se incontrare nel cosmo dei primordi, insieme all’acqua, un clima primaverile sui 20-30 gradi può sembrare quanto di più improbabile, in realtà non c’è motivo di stupirsi, anzi. «Si tratta di temperature verosimili, perché all’epoca l’universo era più caldo di quanto non sia oggi », spiega il primo autore dell’articolo, Shmuel Bialy. «E la densità del gas», aggiunge Amiel Sternberg, terza firma dello studio, «era assai più elevata».
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “Water Formation During the Epoch of First Metal Enrichment“, di Shmuel Bialy, Amiel Sternberg e Abraham Loeb