La missione PROBA2 dell’ESA ci regala informazioni nuove ed emozionanti sulla corona solare osservata nella banda degli ultravioletti estremi. I dati rivelano una struttura misteriosamente bella e tenue, che si estende fino a regioni straordinariamente lontane dal Sole. I video realizzati con le immagini catturate dallo strumento SWAP del Royal Observatory of Belgium, a bordo di PROBA2, hanno permesso di osservare inedite strutture filamentose nella regione in cui il vento solare viene accelerato. I risultati sono stati presentati ieri al Triennial Earth-Sun Summit, l’incontro tra la Divisione di Fisica Solare dell’American Astronomical Society e la sezione di Fisica Spaziale e Aeronomia dell’American Geophysical Union che si sta svolgendo in questi giorni a Indianapolis.
Le immagini negli ultravioletti estremi della corona dinamica del Sole, con le sue eruzioni e il reticolo luminoso di anelli magnetici, sono diventate familiari grazie a telescopi spaziali, come il Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) e il Solar Dynamics Observatory (SDO). Ma nuovi dati provenienti dal telescopio SWAP su PROBA2, un mini-satellite europeo lanciato nel novembre del 2009, rivelano una nuovi e sorprendenti comportamenti di questa regione. Se da un lato SWAP conferma la presenza degli anelli magnetici della bassa corona, le nuove osservazioni mostrano che al di sopra di queste strutture caratteristiche vi è una regione dominata da tenui strutture a filamenti che avvolgono gli anelli nella bassa della corona e si estendono verso l’esterno e nello spazio interplanetario.
Mentre sappiamo che la bassa corona è dominata da eventi dinamici come i brillamenti solari, che possono riscaldare il plasma circostante fino a decine di milioni di gradi, le nuove osservazioni provenienti da SWAP rivelano la presenza di una regione con un’evoluzione molto più lenta e stabile dove nasce la connessione tra il Sole stesso e la vento solare che riempie lo spazio interplanetario. Le osservazioni di SWAP rivelano strutture a forma di ventaglio sorprendentemente longeve, che si estendono fino ad altezze superiori a 700 mila chilometri sopra la superficie del Sole. Tali strutture, in alcuni casi, sono anche più grandi del Sole stesso. Capire quali processi fisici siano responsabili della formazione di queste strutture è la chiave per determinare la natura del complesso rapporto tra la corona e il vento solare.
«Nel corso degli ultimi anni, SWAP ha osservato un numero crescente di queste strutture a ventaglio che si estendono fino a un milione di chilometri dal Sole», ha detto Daniel Seaton, scienziato responsabile dello strumento SWAP presso il Royal Observatory of Belgium. «Queste strutture filamentose sono legate ad altre strutture che si osservano ad altezze ancora maggiori in immagini a luce bianca da coronografi o eclissi, ma sembrano comportarsi in modo molto diverso. A volte si ripiegano verso i poli solari e si avvolgono intorno agli intensi fasci di campo magnetico a cui si aggancia il plasma solare chiamati protuberanze».
Osservando i filmati in time-lapse dello strumento ad immagini SWAP, l’effetto è sorprendente, e rivela una corona vivace, estremamente diversa da ciò che i fisici solari hanno osservato fino ad ora.
Le nuove osservazioni potrebbero anche fornire indizi per svelare il comportamento del ciclo di attività magnetica del Sole, un ciclo della durata di 22 anni che negli ultimi anni ha smentito più volte le aspettative degli scienziati. In genere, il Sole passa attraverso un’evoluzione magnetica estremamente prevedibile: da tranquillo ad attivo, e di nuovo al punto di partenza. Il ciclo attuale è cresciuto lentamente e non è stato attivo quanto i cicli precedenti. Allo stesso tempo, gli emisferi nord e sud del Sole, che in genere evolvono in modo abbastanza indipendente, sono diventati quasi completamente disaccoppiati.
I filmati raccolti da SWAP che mostrano l’evoluzione a lungo termine della corona durante la fase di crescita del ciclo solare 24 rivelano chiari collegamenti sia con il numero di macchie solari, un indicatore chiave dell’attività solare, sia con l’attività discordante dei due emisferi. Stranamente, l’attività della bassa atmosfera solare è stata ampiamente dominata da un singolo emisfero, quello nord, la cui attività si è anche manifestata a grandi distanze dalla superficie solare. L’analisi delle strutture a ventaglio che dominano le osservazioni di SWAP ha rivelato alcuni dei motivi del loro aspetto, che è stato collegato all’aumento dell’attività solare negli ultimi cinque anni. L’analisi aiuta anche a spiegare perché questi filamento a volte scompaiono dalle osservazioni.
«Queste strutture coronali visibili nell’estremo ultravioletto sembrano radicarsi nelle regioni magnetiche a bassa latitudine, senza macchie solari, e tracciare le linee di campo magnetico aperte sovrapposte agli archi chiusi che collegano al polo solare. Appena emergono nuovi flussi di campo magnetico in prossimità dei punti di maggiore attività, le strutture filamentose si rompono», ha detto Anik De Groof, scienziata che lavora presso l’Agenzia Spaziale Europea e che ha condotto l’ultima analisi di queste osservazioni. «Il fatto che queste strutture appaiano soprattutto nell’emisfero settentrionale potrebbe essere correlato all’insolita inversione del campo magnetico polare avvenuta nel ciclo 24. Tuttavia, per poter arrivare ad una conclusione solida saranno necessari ulteriori dati e analisi sia da SWAP che da misure del campo magnetico».
Qualunque siano gli indizi che forniranno le nuove osservazioni sull’evoluzione di attività solare, per gli scienziati solleveranno tante domande quante ne risponderanno, e alle nuove domande si spera di poter rispondere con le prossime missioni spaziali dedicate al sole. La missione sorella di PROBA2, chiamata PROBA3, osserverà la regione più interna del corona solare in luce bianca con due sonde spaziali che viaggeranno in formazione per generare un’eclissi artificiale. Il Solar Orbiter, nel frattempo, lascerà del tutto l’orbita terrestre, si sposterà dell’eclittica verso latitudini solari più alte per osservare i poli del Sole da una distanza inferiore dell’orbita di Mercurio. Queste osservazioni permetteranno di rivelare la struttura magnetica della regione nella quale SWAP ha visto ancorarsi molte delle strutture a ventaglio.