Cercava pianeti e, oltre a trovarne tantissimi, ha anche individuato gigantesche macchie e potenti brillamenti su altre stelle simili al Sole. Alcune delle diminuzioni di luce degli astri monitorati dalla missione Kepler della NASA si sono infatti rivelate essere dovute non solo al transito di pianeti ma alla presenza di enormi macchie, mentre altri repentini aumenti di luminosità sono stati causati da super brillamenti, potentissime esplosioni sulla superficie stellare, esattamente come avviene, con intensità minori, sul Sole.
Uno studio accurato di questi fenomeni extrasolari è stato condotto da un team tutto giapponese – telescopio compreso – che ha confermato che le stelle simili al Sole dotate di grandi macchie stellari possono produrre violentissimi brillamenti (super brillamenti, in inglese, superflare). Astronomi delle università di Kyoto, di Hyogo e di Nagoya e dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone (NAOJ) hanno messo in campo l’High Dispersion Spectrograph (HDS) installato al telescopio Subaru sulle isole Hawaii per studiare le proprietà della luce emessa da stelle di tipo solare, che emettono super brillamenti in cui vengono rilasciate energie dalle dieci alle diecimila volte maggiori di quelle tipicamente liberate nelle eruzioni della nostra stella.
Dall’analisi dei dati raccolti su cinquanta stelle, selezionate in base alle osservazioni del telescopio Kepler, risulta che quelle con super brillamenti mostrano cambiamenti alquanto regolari nella loro luminosità, con periodi compresi tra un giorno e poche decine di giorni. Questo andamento può essere spiegato con la rotazione della stella e delle sue macchie. Una ipotesi confermata dai dati spettroscopici raccolti da HDS, che permettono di stimare il periodo di rotazione delle stelle dall’allargamento delle righe di assorbimento, e che hanno fornito valori che sono risultati assolutamente coerenti con i periodi di variazione delle luminosità osservate. In più, le stelle che presentano picchi di luminosità più elevata sono quelle che possiederebbero macchie assai estese, molto maggiori di quelle solari. I ricercatori continueranno ad utilizzare il telescopio Subaru per altre osservazioni di questo tipo, a cui affiancheranno presto il telescopio dell’università di Okayama da 3,8 metri di diametro, che è in costruzione. L’obiettivo è quello di investigare in modo più dettagliato e i cambiamenti a lungo termine nell’attività delle stelle a super-brillamenti.
Per saperne di più:
- l’articolo High Dispersion Spectroscopy of Solar-type Superflare Stars. I. Temperature, Surface Gravity, Metallicity, and v sin i di Yuta Notsu et al. pubblicato on line sul sito della rivista Publications of the Astronomical Society of Japan
- l’articolo High Dispersion Spectroscopy of Solar-type Superflare Stars. II. Stellar Rotation, Starspots, and Chromospheric Activities di Yuta Notsu et al. pubblicato on line sul sito della rivista Publications of the Astronomical Society of Japan